C'è chi quindi ha il coraggio di ammettere che poi questo incremento del fatturato che si sperava non c'è stato e i dipendenti e la Filcams Cgil di nuovo ribadiscono quello che da subito avevano predetto, e cioè che l'aumento dei costi di gestione dei punti vendita era una incognita da tener presente e che si rischiava di farla ricadere sul prezzo finale dei beni, trasformando quello che era presentato come un servizio supplementare in un servizio a pagamento.

Non dimentichiamoci che non sono i negozi chiusi che non stimolano i consumi, ma la situazione di crisi in cui versa il nostro Paese, con tassi di cassa integrazione in aumento, con un rimbalzo delle richieste soprattutto nell'industria. La cassa integrazione ordinaria, secondo i dati INPS, è cresciuta del 65,7% mentre per quanto riguarda quella straordinaria il numero di ore autorizzate a giugno 2012 è stato pari a 37,3 milioni, con un aumento sia su base mensile che su base annua.
A non aiutare i consumi è anche il tasso dei senza lavoro, che l'OCSE, nel suo ultimo rapporto, ha stabilito arriverà al 9,4% per poi aumentare nel 2013 al 9,9%. Un dato a cui si aggiunge l'allarme precariato, il 49,9% della popolazione tra i 15 e i 24 anni. Non dimentichiamoci che il costo occupazionale della crisi non è stato distribuito in modo uniforme. Sono stati soprattutto i giovani e i lavoratori meno qualificati a perdere il lavoro.

Per questo la Filcams Cgil di nuovo torna a ribadire che è necessario tornare ad una concertazione che rintracci delle regole condivise, delle linee guida che permettano di trovare una soluzione condivisa e soprattutto sostenibile, dai dipendenti e a questo punto per le aziende stesse, alle aperture straordinarie che permetta da una parte di superare questa fase di far west, dall'altra di arrivare ad una pianificazione territoriale che permetta davvero di creare posti di lavoro in questo settore e non soltanto di usarli come spot pubblicitario.

Articlolo scritto da: Filcams Cgil