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Vittime di violenze: 38 accessi in meno di due mesi al Codice Rosa

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Vittime di violenze: 38 accessi in meno di due mesi al Codice Rosa

Da poco meno di due mesi, contestualmente alla sua inaugurazione, il Pronto Soccorso del San Donato si è arricchito di un nuovo colore, o meglio un nuovo codice di accesso: quello rosa. Un codice a cui corrisponde uno specifico percorso dedicato alle donne – ma anche ai bambini, agli anziani e, più in generale, ai soggetti deboli – vittime di violenza. Un percorso che, nei suoi primi 50 giorni di attività ha fatto registrare ben 38 accessi per violenze, più o meno gravi.
“Un numero importante – ci dice il direttore sanitario della Asl, Branka Vujovic, tracciando una prima valutazione su questo servizio che, dopo un rodaggio sull’ospedale di Arezzo, sarà esteso anche agli altri pronto soccorso. Un numero che conferma la necessità, e quindi la bontà della scelta operata dalla Regione Toscana, di attivare percorsi dedicati agli atti di violenza sui soggetti più deboli della popolazione, all’interno dei Pronto Soccorso”.

Il progetto regionale, avviato un anno fa a Grosseto ed ora gradualmente esteso alle altre Asl, poggia su due punti di forza: la costituzione e la messa in rete di una task force interistituzionale composta da professionisti sanitari, psicologi, forze dell’ordine e polizia giudiziaria; dall’altra, l’attivazione del servizio presso il pronto soccorso, struttura che spesso è in grado di agganciare la vittima delle violenze, anche se solitamente, vengono dichiarati eventi accidentali per mascherare le vere cause.

I dati aretini
“Nella maggior parte dei casi le vittime sono donne (34) – ci dice Lucia Grazia Campanile, direttore dell’ospedale San Donato – ma ci sono anche tre maschi, di cui un adulto (con 2 accessi) e due minori. Trenta i maltrattamenti subiti da persone adulte (26 donne e 1 uomo), con 2 donne ed 1 uomo che hanno avuto due accessi ciascuno; 6 i maltrattamenti su minori (4 femmine e 2 maschi); 1 tentato abuso su adulto (donna); 1 sospetto abuso su minore (bambina)”.

“Numeri che non sono solo frutto di una contabilità statistica – afferma ancora la Vujovic – e che vanno letti ed analizzati con la massima attenzione. Infatti, molto spesso, i singoli episodi non sono altro che l’atto finale di violenze che, specie in ambito familiare ed amicale, si perpetuano da lungo tempo, con minacce e percosse, fino al ricorso non più rinviabile, al più vicino pronto soccorso”.

Come funziona il codice rosa
“Per ognuno di questi casi – ad eccezione dei codici gialli e rossi che sono trattati nelle aree dedicate – le cure vengono prestate direttamente nell’ambulatorio del codice rosa, spiega il direttore del Pronto Soccorso Giovanni Iannelli, al riparo da sguardi indiscreti e nella massima riservatezza. L’approccio dei componenti del gruppo che interviene per i codici rosa, punta in primo luogo a mettere a proprio agio il paziente, anche con un supporto di natura psicologica, senza tralasciare gli aspetti relativi alla sicurezza, attraverso la tutela assicurata dagli agenti della polizia. Le procedure operative sono guidate da precisi protocolli: per la gestione delle cartelle cliniche, la raccolta di anamnesi, esami obiettivi, consulenze, eventuali raccolte di prove biologiche, fino alla documentazione fotografica delle lesioni che viene poi consegnata alle forze dell'ordine a corredo della denuncia. In caso di necessità specialistiche, precisa ancora Iannelli, i consulenti (ginecologo, pediatra, chirurgo, psicologo) intervengono direttamente presso l'ambulatorio del codice rosa, in modo da non creare ulteriori disagi al paziente con inutili spostamenti. Dopo le cure, la contestuale attivazione delle forze dell’ordine e della Procura, viene attivato il supporto territoriale, articolato in funzione delle specifiche necessità, in assistenza sociale, consultorio, associazioni di volontariato e supporto (pronto donna)”.