Home Nazionale Il conservatore della Chiesa: "S.Francesco a Ripa è uno scrigno di opere"

Il conservatore della Chiesa: "S.Francesco a Ripa è uno scrigno di opere"

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Roma, 23 lug. (Adnkronos) – "San Francesco a Ripa e' una Chiesa poco conosciuta, ma e' uno scrigno di opere. In realta' questo luogo e' volutamente un po' piu' appartato nella sua collocazione geografica e urbanistica perche' ha alle spalle il fiume. Anticamente c'erano solo campi coltivati, le vigne dei nobili romani, i frutteti dei benedettini. Era un luogo ovattato ed e' piaciuta a Francesco proprio perche' era riparato dal fasto della nobilta' romana e soprattutto dal fasto della Chiesa romana". Il conservatore della Chiesa di San Francesco a Ripa, Gianfrancesco Solferino, racconta all'Adnkronos la storia della Chiesa che proprio in questi giorni sara' al centro di uno specifico progetto di restauro che riguarda il Parato Liturgico dell'Immacolata Concezione e rare autentiche che comprovano l'autenticita' di reliquie fra cui un lembo del saio e del cilicio di S. Francesco d'Assisi, un frammento della Santa Croce e la "Sacra Spina" della Corona di Gesu' Cristo, un frammento osseo di Papa San Pio V. "San Francesco – dice lo storico dell'arte – quando si e' fatto conoscere ha disdegnato gli inviti dei nobili e dei grandi prelati. Voleva la poverta' e voleva continuare a servire Dio attraverso i lebbrosi. Tutto il complesso della Chiesa di San Francesco a Ripa, quindi, e' in se stesso una reliquia, che da 800 anni parla non solo di Francesco fondatore di questo luogo e istitutore dell'ordine, ma parla di tutti quei figli eletti che l'hanno frequentata, dai piu' grandi personaggi a figli meno conosciuti come San Carlo da Sezze o per esempio frati che provenivano da tutte le regioni d'Italia e si fermavano qui perche' la Chiesa era sede della procura francescana della riforma. Venivano a cercare il consenso dei loro superiori, a sbrigare problemi di natura canonica o legale e ad incontrare Francesco proprio qui e non solo ad Assisi o sul Monte Verna dove e' stato stigmatizzato e non solo nella Valle Santa reatina, ma anche qui dove Francesco ha pernottato perche' doveva essere ricevuto dal 'Signor Papa' come dicono le fonti francescane. Cosi' 800 anni si sono stratificati diventando arte, cultura, tradizione, devozione, spiritualita'. Chi si sofferma in questa Chiesa ed entra nelle cappelle, lasciando stare i nomi dei grandi artisti (dal Bernini a Simon Vouet a Martin de Vos), incontrera' comunque lo spirito dei soggetti che sono effigiati". Lo studioso si sofferma poi, piu' da vicino, sul progetto di restauro che sara' completato in vista della mostra di ottobre prossimo: "Questo ciclo importantissimo di restauri che stanno per essere effettuati a San Francesco a Ripa ci permettera' di recuperare non solo un parato serico di grande valore, ma anche un corpus di autentiche di reliquie che attestano ufficialmente la veridicita' di queste reliquie venerate nel complesso monumentale di San Francesco a Ripa e soprattutto di approcciare con efficacia e semplicita' l'apporto delle maestranze artigiane nel vissuto artistico di un luogo cosi' importante e illustre". "Tra l'altro – prosegue Solferino – si abbatteranno le stupide paratie regionali o comunque localistiche che nell'arte non sono mai esistite: il Parato e' stato, infatti, ricamato a Catanzaro ed e' arrivato qui per via rocambolesca, ma appartiene ad un patrimonio implementato da siciliani, lombardi, toscani, umbri, marchigiani. Restaurare – rileva lo storico dell'arte – significa recuperare e far ritornare questi pezzi di puzzle dispersi nel grande patrimonio nazionale alle primitive scuole di appartenenza, come sara' sia per il Parato Liturgico dell'Immacolata Concezione (che immaginariamente verra' riaccorpato alla grande produzione calabrese), sia per questa infinita' di carte sciolte (le autentiche) che in parte sono stampate, in parte semplicemente miniate o decorate o compilate con eleganza e puntualita' per dire che in fondo, usando un linguaggio moderno, anche le reliquie hanno una loro tracciabilita' che indica la loro provenienza, la loro venerazione antica e il modo in cui cui sono state incapsulate per essere venerate dai fedeli". "Restaurando queste opere e mostrandole, non solo ai pellegrini, ma ai semplici curiosi e agli studiosi – osserva il conservatore – ci e' stata data quindi una grande opportunita': ridare vita a opere si' custodite, ma pur sempre segregate negli armadi, negli antichi stipi delle sacrestie. Questa occasione – rimarca Solferino – ci permette anche di dire alla gente che tali opere hanno una vita e hanno avuto uno scopo fondamentale, l'abbinamento tra il sacro e il bello. La pianeta del Parato, per esempio, e' tutta dedicata all'Immacolata Concezione e – illustra Solferino – contiene tutta una serie di serti, citazioni floreali e simboli che alludono all'Immacolata come dogma di fede. Citazioni floreali affatto casuali. Non essendo, infatti, un Parato iconico, come spiegare che e' della Vergine Maria senza un'immagine? Ecco allora il senso della conchiglia, simbolo della verginita'; del mughetto, allusione alle lacrime versate dalla Vergine ai piedi della croce (secondo la leggenda le lacrime, cadute in terra, sarebbero fiorite sotto forma di mughetto); delle pere, allusione alla dolcezza (lo dici il Vecchio Testamento: 'gustate e vedete quanto e' buono il signore)". "In pochi centimetri quadrati – fa notare il conservatore – si sviluppa un mondo di teologia. Questa e' la grandezza del nostro patrimonio, del patrimonio italiano e regionale, che ha saputo sviluppare nel chiuso di un convento, dove lavoravano suore e donne avviate alla manifattura, un cantico di lode a Dio e alla Madonna attraverso una pianeta".