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Bellanova, contratti solidarietà per aiutare imprese e giovani

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Roma, 18 lug. (Labitalia) – “Aiutare le imprese e i ragazzi a entrare nel processo produttivo”. Questo l’obiettivo principale dell’emendamento sui contratti di solidarietà che, come governo, il sottosegretario al ministero del Lavoro, Teresa Bellanova, ha depositato in commissione Lavoro del Senato. “In Italia si parla tanto di flessibilità -dice a Labitalia- spesso in modo ideologico e non si affrontano, invece, i problemi veri che incidono sull’organizzazione dell’azienda, sulla vita delle persone e anche sulle opportunità di lavoro”.
“La legislazione presente nel nostro Paese -fa notare- prevede che un’azienda che fa ricorso a uno strumento come i contratti di solidarietà, in contemporanea, se fa riduzione di personale non può fare nuove assunzioni. L’emendamento dice che un’azienda che fa ricorso ai contratti di solidarietà, in presenza dell’esigenza di fare ricorso a nuove assunzioni, quindi assunzioni di giovani, deve essere messo in condizione di farlo. Perché si possono conciliare uno strumento di ammortizzatore sociale e nuove assunzioni, perché nelle aziende c’è bisogno di forze nuove”.
“L’Italia continua a produrre ‘lavoro povero’ -osserva il sottosegretario Bellanova- anche in presenza delle crisi, e questo è un aspetto molto preoccupante e, quindi, dobbiamo aiutare le imprese a portare dentro il loro processo produttivo energie nuove, i gioielli di famiglia che adesso noi teniamo chiusi in cantina. Mi riferisco ai ragazzi e alle ragazze che hanno titoli di studio molto elevati che hanno capacità che non mettono a disposizione del sistema produttivo del Paese”.
“I ragazzi trovano come ostacolo un sistema produttivo -fa notare- che purtroppo è bloccato e di un Paese che, in questi anni, ha perso molto tempo perché ha discusso, come ancora si cerca di fare, sugli strumenti normativi e non sul tessuto produttivo. Noi possiamo fare le leggi più flessibili di questo mondo, ma se non c’è un luogo dove i ragazzi devono poter andare ad esercitare le loro capacità professionali e la loro attività lavorativa, è evidente che ci siamo esercitati solo sulla destrutturazione delle norme di legge e non abbiamo creato opportunità di lavoro”.
“Il punto è che noi dobbiamo togliere -sostiene il sottosegretario al Lavoro- le rigidità che non servono al sistema e che non aiutano le persone a stare con serenità nel mondo del lavoro, ma dall’altra dobbiamo concentrare con grande forza le nostre energie per mettere le imprese in condizione di ripartire”.
“Fare impresa è anche una responsabilità sociale -rimarca- e anche legame con il territorio. Allora, dobbiamo andare a mettere le mani su queste delocalizzazione che si fanno non perché all’estero si produce meglio, ma perché ci sono Paesi dove si produce con costi più bassi. Ma quella scelta significa non intervenire sulla qualità delle produzioni e svuotare i nostri distretti produttivi e metterli in concorrenza con i Paesi in via di sviluppo. L’Italia è un paese che è diventato grande nel mondo perché ha saputo innovare, creare il made in Italy, perché ha saputo mettere sui mercati produzioni di alta qualità. Questa è la nostra sfida e, se la accettiamo, possiamo portare energie maggiormente formate all’interno del mondo del lavoro”.