Home Attualità ‘Castro’ campione senza fine: “Il rugby mi fa ancora sognare e piangere”

‘Castro’ campione senza fine: “Il rugby mi fa ancora sognare e piangere”

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Roma, 4 dic. (AdnKronos) – “Un minuto in campo con gli All Blacks”. Martin Castrogiovanni ha dato tutto al rugby e ha ricevuto tanto. A 33 anni, il pilone della Nazionale e del Tolone ha raggiunto il top a livello individuale e ha trionfato a livello di club. La passione però è sempre intatta e non c’è da stupirsi se l’azzurro continua a sognare come un ragazzino alle prime armi.
“Ho giocato accanto ad un fenomeno come Jonny Wilkinson, a volte me lo ripeto e ancora non ci credo. Se potessi, giocherei un minuto con Jonah Lomu o Richie McCaw. E mi piacerebbe vivere il rugby come fanno solo gli All Blacks e forse gli australiani. Non si tratterebbe tanto di andare in campo con i più forti del mondo, ma di vivere lo sport in maniera totale, in ogni dettaglio, fino all’essenza. Tecnicamente, forse, sarei più adatto a giocare nel Sudafrica…”, dice, all’Adnkronos, preparandosi ad un weekend che di emozioni ne regalerà parecchie. Con la maglia del Tolone, tornerà a Leicester da avversario.
Con i Tigers, dal 2006 al 2013, ha vissuto un’esperienza straordinaria. “Piangerò, mi scapperà qualche lacrima e non sarà la prima volta. Ho pianto anche quando sono andato via”, aggiunge prima di pensare al futuro che potrebbe parlare ancora francese. “Aspetto di vedere le offerte. Per ora sono solo voci”, chiarisce ‘Castro’, che circa 6 mesi fa si è operato per risolvere i problemi di pubalgia. “Se ripenso a come stavo prima… ora sono in forma strepitosa. Spesso sono andato in campo stringendo i denti, mi sono creato insicurezze da solo e magari ho cominciato a pensare anche alle critiche. Ora, però, sto ritrovando certezze. I medici mi chiedevano come facessi a giocare, ma io preferisco farmi tagliare un dito che andare in tribuna”.
Un Castrogiovanni al top è vitale per l’Italrugby, attesa prima dal Sei Nazioni e poi, a settembre, dalla Coppa del Mondo. “Siamo sulla buona strada, nei test match di novembre abbiamo ritrovato la difesa. Il discorso è semplice: le basi ci sono, ma bisogna lavorare. E questo vale per l’intero movimento. In Inghilterra tutti pensano alla Nazionale, da noi manca questa compattezza. Noi latini, e noi italiani in particolare, siamo così: ci lamentiamo sempre, anche se magari abbiamo troppo. E’ la nostra natura. Da noi diverse cose non funzionano, ma i problemi non mancano nemmeno in altri paesi: nessuno è perfetto”.
Quando appenderà le scarpe al chiodo, lo farà senza rimpianti: “Non so se potrò continuare a vivere nel rugby. Certo, sarebbe bello poter lavorare con ragazzi di 15-16 anni e formarli. Ma servirebbero il progetto e le condizioni giuste, magari in Inghilterra… chissà”. Per bambini e ragazzi, ‘Castro’ si impegna in numerose iniziative con la compagna Giulia Candiago. Tra poche ore, ad esempio, online scade l’asta per la maglia che il pilone ha indossato nell’ultimo impegno con la Nazionale. Il ricavato andrà ad un’associazione che si occupa di bambini affetti da gravi patologie. “Se avessimo un figlio giocherebbe a rugby? Dopo la partita con il Sudafrica, mi sono svegliato tutto ammaccato e ho pensato: ‘Ma chi me lo fa fare?’. In quel momento, mi sono detto ‘mio figlio non giocherà a rugby’. Poi, però, ci ho ripensato subito: nessun altro sport forma così una persona e trasmette tanti valori”.