Home Nazionale Chiesa: Parolin, un filo rosso lega i papi, mai arresi alla guerra

Chiesa: Parolin, un filo rosso lega i papi, mai arresi alla guerra

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Città del Vaticano, 20 set. – C’è un ‘filo rosso’ che lega i papi fino a Bergoglio. Il fatto che “non si sono mai arresi di fronte alla realtà della guerra”. Lo sottolinea il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. “Sembra che a volte i fatti li smentiscano – ammette il porporato in un’intervista all’Osservatore Romano – ma tornare continuamente a fare appello alla pace, pur sapendo che nel cuore dell’uomo alberga il male, conseguenza del peccato originale; è questo il segno che essi conservano una grande fiducia nei confronti dell’umanità. Se i Papi continuano a ripetere gli inviti alla pace, lo fanno perché sono sicuri che l’uomo può accoglierli e corrispondervi in maniera positiva. In altri termini, è la speranza che l’uomo, con la grazia di Dio, possa davvero cambiare e diventare buono”.
Il Papa, dopo l’intervista durante il volo di ritorno dalla Corea ha riparlato di ‘terza guerra’ mondiale in corso anche a Redipuglia. “Questa – osserva Parolin – è un’ idea sulla quale il Papa sta insistendo da un po’ di tempo, a cominciare dall’intervista rilasciata durante il volo di ritorno dal viaggio in Corea. Mi pare un’immagine che descrive bene la situazione che stiamo vivendo nel nostro mondo. Di fatto, si sta combattendo in moltissime parti. Ci sono conflitti crudelissimi, al pari di quelli della prima guerra mondiale o addirittura più cruenti, perché le armi sono diventate più sofisticate di allora. Non siamo ancora riusciti a integrare le diversità sociali, culturali, religiose. Queste diversità sono per la crescita degli uomini e devono essere messe in comune al servizio di tutta l’umanità”.
E sul da farsi davanti alla tragedia dei cristiani perseguitati, Parolin, al quotidiano della Santa Sede, ricorda che “c’è un lavoro diplomatico da portare avanti per fermare la barbarie e permettere ai cristiani di tornare nelle loro case e di riprendere la loro vita normale in tutta sicurezza. C’è poi la possibilità di agire, anche se non in modo eclatante, ciascuno nel proprio piccolo. Tantissimi profughi stanno arrivando in Italia. Cominciamo con l’aprire il cuore alle loro necessità, ai loro bisogni. Cerchiamo, per quanto dipende da noi, di far sì che un giorno possano tornare nei loro Paesi. Anzi, adoperiamoci perché conservino il desiderio e l’intenzione di rientrare nelle loro terre, perché ne hanno diritto ed è là che sono necessari per la riconciliazione e il benessere dei loro Paesi”.