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Cna: nelle Marche sempre più immigrati imprenditori

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Ancona, 17 nov. (Labitalia) – Non solo badanti, manovali e braccianti. Sono sempre più numerosi gli immigrati presenti nelle Marche che scelgono la strada dell’impresa e del lavoro autonomo. Col procedere dell’integrazione, essi fanno proprio il modello marchigiano e cercano nella titolarità di un’azienda e nell’apertura di una partita Iva, una soluzione alle difficoltà del lavoro dipendente, una gratificazione personale e un’opportunità di crescita sociale ed economica. Una fotografia puntuale dell’imprenditorialità degli immigrati imprenditori è stata fatta dalla Cna, dal Centro studi e ricerca Idos e da Unioncamere, che hanno realizzato il ‘Rapporto immigrazione e imprenditoria 2014’.
Su un totale di 146.152 stranieri residenti nelle Marche, informa la Cna, i titolari d’impresa sono poco meno del 10%: negli ultimi dieci anni sono quasi triplicati passando dai 5 mila del 2004 ai 14.433 del giugno 2014 di cui 12 mila imprese individuali, pari all’82,6% del totale. Le imprese guidate da immigrati ormai rappresentano l’8,2% delle imprese attive in regione.
Quelle con un titolare donna sono 3.986, pari al 27,6% del totale, rispetto a una media nazionale del 23,7%. Per il 34,1% le imprese a guida extracomunitaria delle Marche sono attività commerciali, mentre il 28,8% si occupa di edilizia. Le attività manifatturiere sono il 15,2%, soprattutto nell’abbigliamento e nel calzaturiero, le attività di alloggio e ristorazione sono il 6,3%, quelle agricole il 3,1% e il 2,5% fornisce servizi vari.
“Malgrado la recessione e il fatto che nella nostra regione lo scorso anno abbiano cessato l’attività più di 4 mila imprese – affermano il presidente Cna Marche, Gino Sabatini, e il segretario, Otello Gregorini – quelle straniere hanno fatto registrare un saldo positivo di 342 unità nel 2013 con 1.818 iscrizioni e 1.476 cessazioni di attività”.
“Si tratta di piccoli imprenditori che si sono rimboccate le maniche – spiegano – per ritagliarsi un presente e un futuro dignitosi nel Paese dove, graditi o meno, hanno scelto di vivere. Aprono bar e pizzerie, piccole imprese e negozi di ogni genere. Lavorano e fanno lavorare gli altri, versano i contributi e fanno la loro parte per aiutarci a tenere in piedi il nostro sistema pensionistico. Dalle loro attività arriva il 10% del Pil regionale. E, nonostante la crisi, la quota sembra destinata a crescere”.
Ma chi sono gli imprenditori immigrati marchigiani? Secondo l’indagine presentata dalla Cna, i sono relativamente giovani (due su tre hanno tra i 30 e i 49 anni) e provengono soprattutto da Cina (1.661), Marocco (1.472), Albania (1.144), Romania (1.143) e Macedonia (559).
Gli immigrati provenienti dall’Est europeo si occupano prevalentemente di edilizia, in particolare albanesi e rumeni. Tra gli imprenditori edili, numerosi anche i tunisini. Invece, tra i marocchini e i senegalesi, prevale il commercio ambulante. I peruviani prediligono il trasporto e il magazzinaggio, mentre i cinesi hanno aperto soprattutto laboratori di confezioni e articoli in pelle e attività di ristorazione. L’immigrato imprenditore in genere ha un titolo di studio medio alto e nel 70% dei casi vive in Italia da oltre dieci anni. Molti sono stati dipendenti del settore privato, dove hanno assunto quelle competenze che hanno permesso loro di fare il salto e avviare un’azienda.
La presenza delle imprese a conduzione immigrata coinvolge in modo abbastanza omogeneo tutte le province e vede al primo posto la provincia di Ancona con 3.754 imprese. Seguono Pesaro e Urbino con 3.754 imprese, Macerata (3.605), Fermo (1.800) e Ascoli Piceno (1.642).
I problemi che devono affrontare gli imprenditori immigrati sono numerosi: difficoltà di accesso al credito, appesantimenti fiscali e burocratici, scarsa formazione d’impresa, esigenza di innovazione, reperimento dell’abitazione, conoscenza della lingua.
Secondo i dati dell’Osservatorio Cribis, gli imprenditori immigrati hanno inciso per l’11% sulla richiesta di crediti finanziari nel 2013, soprattutto romeni, albanesi e marocchini mentre i cinesi, pur appartenendo alla comunità più numerosa, si piazzano al 29mo posto, un dato che riflette la tendenza della comunità cinese a ricorrere soprattutto all’autofinanziamento e al supporto delle reti parentali e comunitarie.
“L’ostacolo più difficile per gli immigrati che vogliono avviare un’impresa -sostengono Sabatini e Gregorini- è proprio quello dell’accesso al credito. Gli immigrati, specialmente se extracomunitari, fanno fatica a trovare il capitale iniziale perché il sistema bancario chiede garanzie eccessive che non sempre è facile procurarsi. Ed è proprio su burocrazia, credito e formazione che la Cna si sta impegnando con i propri uffici sul territorio e con una costante azione verso le istituzioni e le banche”.
“Inoltre, la Cna, da oltre dieci anni, ha costituito Cna World: un servizio specifico per gli imprenditori immigrati, di orientamento, consulenza e assistenza per il disbrigo delle pratiche amministrative, nell’ottica di una più avanzata idea di rappresentanza, che non può non coinvolgere questa categoria di imprenditori in costante crescita -concludono- e ormai fenomeno strutturale delle vita economica del Paese”.