Home Nazionale Eutanasia: Veronesi, non sia ‘mascherata’ ma siano pazienti a decidere

Eutanasia: Veronesi, non sia ‘mascherata’ ma siano pazienti a decidere

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Milano, 14 lug. (AdnKronos Salute) – “Ci sono tre modi di avvicinare le persone” malate terminali “alla morte”. Due di questi, spiega l’oncologo Umberto Veronesi, “sono una sorta di eutanasia ‘mascherata’, vie decise dai medici, mentre la terza strada è frutto di una libera scelta consapevole del paziente ed è segno del progresso e della civiltà dei Paesi che la permettono”. L’ex ministro della Sanità, oggi a Milano durante il dibattito pubblico promosso a Palazzo Marino dall’Associazione Luca Coscioni e dal comitato promotore ‘EutanaSiaLegale’, torna a parlare dell’urgenza di affrontare il tema dell’eutanasia insieme al giornalista Vittorio Feltri e all’esponente dei Radicali Marco Cappato.
Durante l’incontro – occasione in cui è stata ribadita la richiesta al Parlamento di calendarizzare la proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale e il testamento biologico, sottoscritta da 70 mila cittadini e depositata alla Camera il 13 settembre 2013 – lo scienziato spiega quali sono le vie della ‘dolce morte’: lasciar morire il paziente terminale per “abbandono terapeutico, cioè l’opposto del cosiddetto accanimento terapeutico, una decisione in mano ai medici; aiutare un paziente a morire aumentando la dose di oppiacei giorno per giorno finché questo porta alla morte, una mezza eutanasia decisa anche in questo caso dai medici senza che nessuno chieda nulla al paziente, quindi una pratica fuori dal concetto di autodeterminazione”.
E poi c’è “la terza via, la più semplice: un’iniezione che, in modo indolore, porti alla morte, per una scelta consapevole del paziente. Una legge che regolamenti questa pratica è un segno di progresso e civiltà. E’ arrivato il momento di parlarne davvero – spiega – non vogliamo imporre nulla, ma è un argomento chiave e non possiamo più ignorarlo”.
Oggi, riflette Veronesi, “la medicina è tecnologica, permette di tenere le persone in una specie di vita apparente anche per mesi o anni. E questa è una delle grandi rivoluzioni a cui il popolo olandese si è ribellato chiedendo a gran voce che sia il malato a decidere quando andarsene, non i medici o le macchine”.
Nel futuro di ognuno di noi, aggiunge Feltri, “c’è una tomba. Mi dà fastidio doverci finire, ma mi dà ancor più fastidio doverci finire con difficoltà. E’ legittimo che un paziente non voglia torture inutili quando ormai è finita e la sua volontà non può non essere rispettata perché l’ha detto il parroco. Contro l’eutanasia ci sono ragioni deboli che ti convincono del contrario. Si rafforza in me l’idea che sia necessaria seppur regolamentata. Si parla di facoltà non di obbligo, del fatto che nessuno impedisca di esercitare questa volontà”.
Per Feltri il termine eutanasia “è stato usato male per anni e ora servirebbe una piccola rivoluzione di dizionario, perché le parole contano. Si abbina chi vuole lenire le sofferenze di un paziente al ‘dottor morte’. E bisognerebbe agire sui pregiudizi cercando di smantellarli. I media non aiutano la comprensione di questi temi. Noi vorremmo solo che ognuno decidesse in proprio della sua vita per morire serenamente senza subire ‘calci in testa’”. I medici, aggiunge ancora il giornalista, “aiutano a non soffrire, ma hanno bisogno che tutto questo venga regolamentato perché rischiano altrimenti di essere perseguiti penalmente, così come i familiari di un malato terminale. Ci deve essere un protocollo rigoroso a tutela”.