Home Nazionale Meno petrolio e più riciclo, quando l’olio usato diventa risorsa

Meno petrolio e più riciclo, quando l’olio usato diventa risorsa

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Roma, 26 set. – (AdnKronos) – Da rifiuto pericoloso a risorsa: si può fare e lo dimostra l’esperienza del Coou, il Consorzio obbligatorio degli oli usati che quest’anno festeggia 30 anni di attività, durante i quali ha raccolto 5 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, pari – per fare un esempio – a due volte e mezzo il Mar Mediterraneo e a 3 miliardi di euro risparmiati, calcolando sia la quantità di rifiuti che non pesa sull’ambiente, sia il fatto che “raccogliendo l’olio lubrificante usato, rigenerandolo e immettendolo di nuovo nel mercato si abbassano le importazioni di petrolio”, spiega all’Adnkronos Elena Susini, responsabile della Comunicazione del Coou.
Come? Basta pensare l’olio lubrificante nuovo immesso nel mercato, è per il 25% rigenerato. “Noi raccogliamo un rifiuto pericoloso e lo avviamo alla rigenerazione facendone una nuova base lubrificante, al posto del petrolio – spiega Susini – il 90% dell’olio che raccogliamo viene avviato a rigenerazione, quel 10% che resta diventa bitume per le guaine bituminose, gasolio e una parte viene avviata ai cementifici”.
Insomma, è proprio il caso di dire che dell’olio lubrificante usato non si butta via niente. Da qui l’importanza della sua corretta raccolta, perché “a fronte di un rifiuto che può trasformarsi in ricchezza, sarebbe davvero sciocco farsi sfuggire questa opportunità. La nostra percentuale di raccolta – aggiunge Susini – sfiora il 98%, ci sfugge ‘solo’ circa un 3% che per noi però ha una grande importanza. Per fare un esempio concreto, nel 2013 abbiamo raccolto 171mila tonnellate di olio lubrificante usato, quasi la totalità di quanto si può raccogliere; ci sfuggono circa 5mila tonnellate che, però, se finissero in mare potrebbero inquinare una superficie pari a 23 volte il Lago di Garda”.
Trattandosi di un rifiuto pericoloso liquido, infatti, sversato in un tombino o sul terreno penetra raggiungendo le falde acquifere; se sversato in mare si espande formando una pellicola che impedisce il passaggio dell’ossigeno in profondità con gravi danni sull’ecosistema.
Ma dove si annida quella percentuale che ancora sfugge alla raccolta? “Si concentra nel settore del fai da te, cioè tra chi cambia da sé l’olio lubrificante dell’auto, della barca, o del proprio mezzo agricolo”. L’olio andrebbe infatti sempre conferito presso il centro di raccolta gestito dal comune o dalla municipalizzata e al cui interno c’è l’isola ecologica, ma non tutti i comuni in Italia forniscono questo servizio.