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** Notiziario novita’ in libreria **

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Roma, 27 set. (AdnKronos) – Ecco le novita’ in libreria, tra romanzi, saggi, libri d’inchiesta e reportage, presentati dall’Adnkronos.
Donne fiere che non cedono a minacce né a lusinghe, pronte ad affrontare il loro destino. Donne misteriose che compaiono e scompaiono nel volgere di un viaggio in nave. Donne soavi e inebrianti, come la Sicilia. Donne scandalose, perché non hanno paura di prendere ciò che è loro, compresa la libertà. Semplicemente, donne. Sono loro le protagoniste di questo libro unico, viste da un Andrea Camilleri in carne e ossa, prima di diventare lo scrittore più amato d’Italia.
È il ragazzino timido che scopre il piacere di riaccompagnare a casa una compagna di classe, magari tenendola per mano. È il diciassettenne che di fronte al volto intenso e tenero di una diva del cinema scoppia in lacrime e decide di abbandonare la sua terra. È il giovane che in piena notte corre ad Agrigento in bicicletta, sotto il diluvio, per raggiungere una statuaria bellezza tedesca ossessionata dall’igiene. È il marinaio improvvisato che, nell’estate del ’43, durante un bombardamento soccorre una bambina, e grazie al miracolo di un abbraccio riesce a dimenticare orrori e distruzione. È questo e tanto altro, il Camilleri che in un solo colpo ci regala un’autobiografia d’amore e una raccolta di indimenticabili storie.
Due sconosciuti in attesa di sparare durante un safari umano. Un’artista vestita da sposa che attraversa l’Europa in autostop. Un giovane sacerdote, ignaro del suo futuro di papa, in un drammatico corpo a corpo con il desiderio. Gli attentati compiuti nei supermercati da un tranquillo padre di famiglia con la passione per gli esplosivi. Le peripezie di un cuore espiantato, in corsa verso la seconda vita. Un uomo deciso a condividere la casa con un branco di lupi. Ci sono fatti realmente accaduti che si fondono a invenzioni folgoranti e brevi digressioni autobiografiche, in “La Sposa” (Bompiani) di Mauro Covacich.
“La sposa” è un unico flusso di pensieri sul presente, lo stesso che da molti anni caratterizza la scrittura di Mauro Covacich e che trova in “Anomalie” (1998) la sua iniziale scaturigine. Diciassette storie colme di bruciante amore per la vita, scaturite dai recessi di una normalità spesso, a ben vedere, fenomenale.
Due uomini e un ragazzo si stagliano contro l’orizzonte in un infuocato tramonto africano. Una catena di speranza e coraggio li ha condotti fin lì, lo ripercorre “Vita di vita” (Mondadori) di Eraldo Affinati. Khaliq, nato in Sierra Leone, è sopravvissuto a esperienze estreme. Cresciuto alla Città dei Ragazzi, storica comunità educativa dove insegna Eraldo Affinati, adesso lavora in un bar. Il giovane e l’adulto hanno stretto un patto: se il figlio avesse riabbracciato la madre perduta, il professore sarebbe andato a conoscerla. Questo libro racconta un viaggio attraverso la periferia di una grande città fuori controllo verso il villaggio lontano in cui una donna attende fiduciosa. I cieli africani, il buio vero, la luce accecante, la polvere negli occhi ardenti di bambini in tripudio per un pallone.
Affinati, accompagnato da un amico avvocato, sprofonda dentro se stesso: “Cosa vuol dire essere un insegnante? Mettere in grado chi hai di fronte di ascoltare la voce del suo maestro interiore. Ricucire gli strappi. Versare acqua sulla spugna secca…”. I messaggi che riceve dagli indimenticabili studenti rimasti a casa, chiamati a leggere quale compito scolastico alcune lettere di coetanei morti da eroi nei moderni conflitti bellici europei, lo riportano alla storia martoriata del Novecento, in profonda risonanza con tutta la sua opera.
Nato a Roma nel 1956, Affinati ha pubblicato numerose opere, fra le ultime “Peregrin d’amore. Sotto il cielo degli scrittori d’Italia” (Mondadori, 2010); “L’11 settembre di Eddy il ribelle” (Gallucci, 2011) e “Elogio del ripetente” (Mondadori, 2013); ha curato l’edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern, “Storie dall’Altipiano” (‘I Meridiani’, Mondadori, 2003); è autore, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, di “Italiani anche noi. Corso di italiano per stranieri. Il libro della scuola Penny Wirton” (Il Margine, 2011).
(Sellerio) Josefina Aldecoa “Storia di una maestra”
Un racconto toccante e letterario sulla condizione femminile, sulla dura vita dei maestri di campagna, sul sogno di una missione educativa che considera l’insegnamento come uno strumento rivoluzionario per abbattere l’ignoranza e la povertà. E’ “Storia di una maestra” (Sellerio) di Josefina Aldecoa, un libro pieno di speranza, ritratto di una vita coraggiosa che sempre ha perseguito la strada della libertà, la generosa carriera di una maestra nella Spagna repubblicana.
Era il 1923 quando iniziò quello che Gabriela chiama il suo “sogno”, che è lo stesso sogno rivoluzionario dell’istruzione: vincere l’infelicità umana attraverso l’educazione. Maestra appena diplomata, il primo incarico lo ebbe in un paesino di montagna isolato, che le insegnò prima di tutto la resistenza di un ambiente ottuso. Subito dopo, la Guinea equatoriale, dove conobbe l’entusiasmo infantile dell’apprendere in cui si manifesta, essendo i bambini uno specchio fedele, il desiderio insopprimibile della società di progredire. Poi i distretti rurali della Spagna profonda, con le prospettive nuove aperte dalla Seconda Repubblica, gli odi retrivi e i fanatici eccessi, mentre la sua vita privata si dibatteva nella dura esistenza quotidiana.
Fino alla scoppio della guerra civile, il sogno infranto. Ma Gabriela non è una militante, è una maestra. Per questo nella sua memoria risalta, con più forza che in qualunque retorica progressista, come sia l’istruzione il campo permanente in cui si svolge la lotta per il cambiamento. E le sue parole non riflettono solo il sacrificio, in un’epoca volenterosa, di tanti maestri di campagna (in Spagna, ma si può dire anche altrove) che volevano salvare la società attraverso l’educazione. Josefina Aldecoa (1926-2011), autrice spagnola di romanzi, memorie e racconti, ha scritto questo Storia di una maestra nel 1990, riportando in forma narrativa i ricordi autobiografici della madre.
In “Siamo tutti Storyteller – Dalla fiction americana alla politica” (Amygdala & GiulioPerroneEditore) di Andrea Fontana ed Ester Mieli il protagonista è lo storytelling, ovvero la scienza del racconto, impiegato come strategia di comunicazione persuasiva in particolare in politica, dato che un leader si trova continuamente di fronte alla sfida di dover conquistare il cuore del suo pubblico: per farlo, oltre alla sua immagine e alle sue abilità, deve saper raccontare la propria storia seguendo una precisa strategia del racconto.
Ecco perché l’arte di governare ha sempre più bisogno dell’arte di narrare affinché il racconto politico divenga il luogo in cui leader ed elettore si incontrano e confrontano. Molte fiction americane offrono, a tal proposito, spunti interessanti di riflessione, le autrici ne hanno analizzate alcune tra le più note, ognuna delle quali mette in luce una o più caratteristiche che il personaggio politico dovrebbe possedere per generare consenso tra gli elettori e conquistarne la fiducia. Analizzando ‘The Mentalist’, ‘Breaking Bad’, ‘Lie To Me’, ‘Il Trono di Spade’, ‘Dr. House’ e ‘House of Cards’, gli autori dimostrano, attraverso i protagonisti di queste fortunate serie, quanto delicata sia la missione della politica e necessarie la coerenza e la verità.
Andrea Fontana è fra i massimi esperti di storytelling nel nostro Paese. Ha una lunga esperienza nel mondo della direzione e advisoring d’impresa e della consulenza politica. Lavora con grandi aziende e con diverse istituzioni pubbliche e private per perfezionare i ”racconti” dei loro brand e prodotti o servizi. Insegna Storytelling e narrazione d’impresa all’Università degli Studi di Pavia. È presidente dell’Osservatorio Storytelling di Pavia e autore di numerosi testi sulle nuove modalità di comunicazione aziendale e politica con approccio narrativo. Ester Mieli è giornalista professionista. Ha seguito molti politici in varie campagne elettorali sia nel centro-destra che nel centro-sinistra. Esperta di comunicazione politica e relazioni con i media, scrive per varie testate.
Come funziona il talk show d’approfondimento? Quali sono i meccanismi che garantiscono la convivenza tra informazione e intrattenimento, la creazione di uno spazio televisivo che assume a tratti la stessa rilevanza delle arene più o meno tradizionali della politica? A queste domande risponde il libro “La macchina della parola. Struttura, interazione, narrazione nel talk show” di Christian Ruggiero, pubblicato da Franco Angeli Editore.
Per comprendere il ruolo di questo format televisivo nella costruzione del dibattito pubblico in Italia dalla fine degli anni Ottanta ai giorni nostri sono fondamentali alcuni elementi: la struttura dello studio (il salotto o la piazza); il ruolo del conduttore, suadente padrone di casa o agguerrito tribuno; il rapporto che il conduttore instaura con gli ospiti in studio, anzitutto politici e giornalisti, e che configura una perpetua lotta di legittimazione; la capacità di mettere in scena in una “sfera pubblica elettronica” processi di narrazione capaci di rendere la politica, pur nell’epoca della sua delegittimazione, un prodotto prelibato. La continua e tutto sommato fruttuosa interazione tra i due mondi lascia intravvedere un sofisticato meccanismo di osmosi comunicativa, che consente al talk di sopravvivere a ogni annuncio di “morte” della telepolitica, anche a fronte dell’avanzata della politica digitale.
Christian Ruggiero è ricercatore in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale di Sapienza Università di Roma, dove coordina l’Osservatorio Mediamonitor Politica. Si occupa del rapporto tra politica e mezzi di comunicazione, con particolare attenzione al medium televisivo, e di sociologia del giornalismo e delle professioni comunicative. Fra le sue ultime pubblicazioni: “Le sorti della videocrazia. Tv e politica nell’Italia del Mediaevo” (Mondadori Università, 2014) e “Talk&Tweet. La campagna elettorale 2013 tra Tv e Twitter” (a cura di, con M. Morcellini e M. Antenore, Maggioli, 2013).
“Il Vangelo di Azael – versetti satirici” (Mondadori) di Massimo Santamicone
“Il problema è che di Dio conosciamo soltanto gli scritti giovanili”. Basta un rigo per capire il tono predominante in “Il Vangelo di Azael – versetti satirici” (Mondadori) di Massimo Santamicone, blogger noto appunto con lo pseudonimo Azael e autore satirico. 
Azael ha deciso di pubblicare questo libro perché “oggi stiamo tutti sui social network e nessuno scrive più vangeli”. I suoi versetti satirici deridono religione, politica, tecnologia e altri tabù. A chi lo accusa di blasfemia risponde: “Penso che sia i cattolici che (eventualmente) Dio siano gente in grado di capire la satira, per questo li prendo in giro. Così come faccio, ad esempio, con i Democratici e persino con i morti”. E comunque: “Io ho passato i 40 anni. Gesù ne ha 33. Non sono bestemmie, è nonnismo”.
Massimo Santamicone ha già dato scandalo con ill suo spettacolo “Messa laida” durante la BlogFest 2013, scatenando le proteste di un gruppo di religiosi che ha chiesto la “purificazione” del teatro, non a caso si è laureato in filosofia estetica con una tesi sul demoniaco. @azael è il suo seguitissimo profilo Twitter.
La struttura della Divina Commedia, fondata sui numeri, favorisce, anzi pretende una lettura sintetica, un modo di leggere in cui l’occhio coglie e interpreta brani o singoli versi molto lontani come se stessero l’uno accanto all’altro. Per gli interpreti moderni i numeri della Commedia diventano quindi delle tracce che guidano a punti importanti dell’opera e, nel vero senso della parola, li decodificano. Manfred Hardt è l’autore di “I numeri nella Divina Commedia” pubblicato da Salerno Editrice.
Senza dubbio la dimensione numerica che permea tutta l’opera ne intensifica la densità semantica e la profondità concettuale. Inoltre, i numeri e le proporzioni sono i mezzi con cui il poeta certifica e inquadra la sua opera come parte della creazione del Sommo Artefice: solo i numeri sono garanzia di veridicità e di stabile perfezione delle forme.
Manfred Hardt è stato un linguista, critico letterario e italianista tedesco. Dal 1979 ha insegnato Filologia romanza all’Università di Duisburg.
Esce a cura del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, per i tipi della Libreria Editrice Vaticana, una ristampa anastatica del volume “Il Vaticano e la guerra”, pubblicato nel 1921 a Roma, a cura del gesuita Giuseppe Quirico. L’opera, di oltre 500 pagine, è una preziosa testimonianza storica dell’attività dispiegata dalla Santa Sede durante il primo conflitto mondiale, ed è suddivisa in due parti: testo e documenti.
La prima presenta ”una relazione organica, particolareggiata, esatta, del modo in cui si svolsero le diverse trattative”. La seconda riporta integralmente i documenti di maggiore importanza, selezionati su un totale di oltre 90mila, relativi ai primi quattro anni di pontificato di Benedetto XV.
L’autore, quale rappresentante de “La Civiltà Cattolica”, poté consultare per il suo lavoro tutti i documenti riguardanti gli anni della guerra, conservati nel grande archivio della Segreteria di Stato e in quello appartenente alla Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari.