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Parlamento: scontro su tagli a retribuzioni, sindacati verso il no

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Roma, 19 set. (Adnkronos) – Sulla vicenda dei tagli alle retribuzioni dei dipendenti del Parlamento si profila uno scontro. Le organizzazioni sindacali, 25 tra Senato e Camera, hanno tempo fino alle 20 di questa sera per firmare l’ipotesi di accordo conclusivo presentata ieri dalla Rappresentanza per il Personale di Palazzo Madama e dal Comitato per gli Affari del Personale di Montecitorio, presieduti rispettivamente da Valeria Fedeli e Marina Sereni, ma l’orientamento sarebbe quello di non sottoscrivere la proposta.
Un testo che prevede di introdurre per ciascuna categoria dei tetti massimi alle retribuzioni, con una riduzione graduale per quattro anni degli stipendi per coloro che superano tali limiti. Soglia massima i 240mila euro fissati per i manager pubblici. Quando il nuovo sistema sarà andato a regime, la Camera avrà una riduzione di spesa per il personale di oltre 60 milioni di euro e il Senato di oltre 36 milioni di euro. Per le fasce più giovani si introduce un incentivo di produttività legato al merito e all’impegno individuale.
Uno schema che tuttavia non piace al personale, che sarebbe disposto ad accettare eventualmente l’ipotesi della fissazione di un tetto massimo, ma non quella dei limiti intermedi con relative decurtazioni all’interno poi delle varie categorie. “Vi è disponibilità all’applicazione di un unico tetto (non dissimile da quello previsto dall’ordinamento generale)”, scrive ad esempio in una nota l’Osa (Organizazzione sindacale autonoma)”, ma “non vi può non essere la più ferma opposizione in relazione alla previsione di stravaganti tetti intermedi che non trovano riferimento nell’ordinamento generale, tanto da non essere stati previsti in nessun altro Organo costituzionale, di rilevo costituzionale o Amministrazione pubblica”.
(Adnkronos) – “L’Osa -si legge ancora nella nota- insieme ad altri sindacati rappresentativi della larga maggioranza dei dipendenti -nonostante i più che fondati dubbi di legittimità e costituzionalità in relazione a norme dell’ordinamento generale che prevedono limiti alle retribuzioni dei soli dipendenti pubblici- con senso di responsabilità, ha dato la propria disponibilità all’applicazione del tetto previsto dal decreto legge n. 66 del 2014, richiamando a riguardo i provvedimenti assunti presso la Presidenza della Repubblica”.
Una linea, obiettano i vertici politici delle due Camere, che non può essere accolta, perchè altrimenti i risparmi sarebbero ridotti e si restringerebbero di molto le differenze di retribuzione tra le categorie apicali interessate all’applicazione della soglia massima e quelle di altro tipo non coinvolte.
A questo punto perciò ci si prepara allo scenario che si aprirà qualora, come sembra probabile, le organizzazioni sindacali non daranno il loro assenso entro le 20 di questa sera. In base al regolamento del Senato sarà necessario attendere un periodo di 7 giorni, poi a quel punto sarà possibile procedere con l’applicazione della nuova disciplina. Quindi occorrerà vedere se e come il personale deciderà di percorrere la via dei ricorsi giudiziari e la decisione dei sindacati di non firmare potrebbe anche spiegarsi con la volontà di non precludersi questa eventualità.