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‘Sanità di genere’, Arezzo fra le prime Asl toscane a costituire un Coordinamento dedicato

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‘Sanità di genere’, Arezzo fra le prime Asl toscane a costituire un Coordinamento dedicato

AREZZO – Arezzo è una delle tre Asl della Toscana (assieme a Firenze e Pistoia) ad aver già avviato un proprio percorso specifico per la promozione della “Sanità di Genere”. La notizia è stata diffusa stamani a Firenze nel corso di una conferenza stampa in Regione.
Sotto la responsabilità del direttore sanitario del San Donato, Grazia Campanile, è stato già costituito un apposito Coordinamento Aziendale. Ma la Asl aretina ha sempre avuto un particolare riguardo a questi temi. Tre dei suoi ospedali hanno il riconoscimento ufficiale dei Bollini Rosa, rilasciati da Onda, un ente che dipende dell’I.s.s. e dal Ministero della salute. Il San Donato ha tre bollini, la Gruccia e il Casentino due a testa.

Il concetto di “Salute e medicina di genere” nasce dall’idea che le differenze tra i sessi in termine di salute non sono legate esclusivamente alle peculiarità derivanti dalla caratterizzazione biologica dell’individuo e dalla sua funzione riproduttiva; con il termine “genere” si intende infatti un’accezione più ampia della “differenza” che include fattori ambientali, sociali, culturali e relazionali.
Per troppo tempo infatti le malattie, la loro prevenzione e terapia sono state studiate prevalentemente su casistiche di un solo sesso, quello maschile, sottovalutando non solo le peculiarità biologico – ormonali e anatomiche ma anche quelle socio-culturali proprie delle donne. Uomini e donne hanno di fatto un differente rischio di contrarre molte malattie e anche una diversa risposta a molte terapie. Dunque non è solo scientificamente ed eticamente scorretto trasferire i dati ottenuti sull’uomo alla donna, ma è anche un vero e proprio errore metodologico.

La Salute di genere è pertanto chiamata a limitare le disuguaglianze di studio, di attenzione e di trattamento che fino ad oggi sono state a carico delle donne, ma non a costruire una medicina al femminile e una medicina al maschile, applicando il concetto di diversità per garantire a tutti, donne e uomini, il migliore trattamento possibile in funzione della specificità di genere.
Per raggiungere questo obiettivo, la Medicina di Genere non deve essere una specialità a se stante, ma un’integrazione trasversale di specialità e competenze mediche affinchè si formi un cultura e una presa in carico della persona che tenga presente le differenze di genere non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche delle differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali, oltre che ovviamente di risposta alle cure.
Per questo la Salute di genere è ormai un esigenza del Servizio Sanitario e occorre pensare ad aspetti organizzativi e di organizzazione dei servizi che tengano conto delle differenze di genere.

In Italia, le donne vivono più a lungo degli uomini, ma la più lunga aspettativa di vita del genere femminile rispetto a quello maschile non implica una migliore qualità della vita stessa: le donne sono esposte a più malattie e generalmente assumono più farmaci. Questo secondo l’ultima indagine quinquennale Istat su “Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari”, indagine che afferma che le donne sono affette con maggiore frequenza degli uomini da quasi tutte le patologie croniche, in particolari da patrologie osteoarticolari, malattie neurodegenerative, diabete, disturbi della funzione tiroidea, ipertensione arteriosa, vene varicose, osteoporosi, cefalea.
In particolare le malattie in cui le donne presentano maggior prevalenza sono: osteoporosi (più 736%) malattie tiroidee (più 500%) depressione e ansietà (più 138%), cefalea ed emicrania (più 123%), malattia di Alzheimer (più 100%), cateratta (più 80%) artrosi e artrite (più 49%), calcolosi (più 31%), ipertensione arteriosa (più 30%), diabete (più 9%), allergie (più 8%), alcune malattie cardiache (più 5%).

Questi dati sono confermati anche in Toscana dal primo “Report sulla Salute di genere” presentato dall’Agenzia Regionale Sanità a novembre 2013; Report che raccoglie dati epidemiologici sulla
salute di genere elaborati da oltre cinquanta professionisti del Sistema Sanitario Toscano che hanno interpretato in modo separato gli studi tra maschi e femmine dal momento che insorgenza ed esiti di molte condizioni patologiche differiscono spesso per genere.
Secondo i dati emersi, in Toscana nascono più maschi che femmine, ma già in età adulta le femmine li sorpassano numericamente anche se la loro longevità si accompagna ad un profilo di salute peggiore.

Relativamente alle patologie, nei maschi c’è una maggiore incidenza di infarto del miocardio acuto, una prevalenza più elevata di scompenso cardiaco, ictus celebrale e ipertensione arteriosa. Diverso l’iter delle malattie cardiovascolari che presentano differenze di genere legate in primo luogo a differenze biologiche e alla differenza nella prevalenza dei più importanti fattori di rischio. In Toscana nelle donne risulta minore la frequenza con cui vengono diagnosticati i tumori: di questi è prevalente quello della mammella.
I dati toscani così come quegli nazionali mostrano una incidenza maggiore della malattie diabetica nei maschi in tutte le fasce di età ad eccezione degli under 45 che presentano prevalenze quasi sovrapponibili in entrambi i generi. Nei diabetici il profilo di rischio cardiovascolare è peggiore nella donna così come è più elevato il rischio di complicanze cardiache fatali soprattutto con l’insorgenza della menopausa, che determina nella donna diabetica una qualità e una aspettativa di vita peggiori.

Una donna su 3 e un uomo su 7 sono affetti da osteoporosi e come diretta conseguenza della patologia, una donna su 3 e un uomo su 5, di età superiore ai 50 anni, presenta una frattura da fragilità. Tra gli anziani le fratture osteoporotiche rappresentano una delle maggiori cause di mortalità, con un’incidenza pressoché sovrapponibile a quella per ictus e tumore della mammella.
In Toscana si stimano circa 477mila persone con incontinenza urinaria e di queste quasi 320 mila sono donne. Non si registrano malattie infettive che colpiscono esclusivamente il genere femminile anche se ci può essere una diversa incidenza della varie patologie in base al genere. L’importanza delle malattie infettive nell’analisi per genere è infatti in gran parte legata alla possibilità di trasmissione verticale dell’infezione, da madre a bambino, e alla possibilità di trasmissione sessuale.

Passando alla patologia di natura mentale, gli studi sulla popolazione hanno dimostrato il maggior interessamento del genere femminile in tutte le fasce di età. Le donne infatti più degli uomini ricorrono al ricovero ospedaliero e ai servizi territoriali di salute mentale affette prevalentemente da disturbi affettivi, d’ansia e somatoformi, con un maggior utilizzo di antidepressivi che si accentua dai 45 anni in poi.
Le cause accidentali, compresi gli incidenti e gli infortuni sul lavoro, rappresentano la quarta causa di morte negli uomini e la settima nelle donne; gli incidenti stradali sono un fenomeno in cui il genere femminile viene decisamente coinvolto meno rispetto a quello maschile, mentre gli incidenti domestici colpiscono prevalentemente le donne, soprattutto la categoria delle casalinghe proprio a causa di una loro maggiore presenza in casa.

Nell’ambito lavorativo c’è una sostanziale stabilità degli infortuni anche gravi tra le donne, a fronte di una diminuzione della loro incidenza negli uomini.
Negli ultimi anni importanti cambiamenti hanno influenzato la salute riproduttiva: aumento dell’età media al parto, aumento esponenziale di donne straniere, ricorso alla procreazione medicalmente assistita.
Per quanto riguarda invece la cura, è stato analizzato il ricorso all’ospedalizzazione, ai servizi di emergenza-urgenza e all’uso di farmaci: il tasso di ospedalizzazione in regime ordinario aumenta nei due generi, ma è più elevato nei maschi, eccetto che nella fascia di età 15 – 44 anni, dove per motivi legati alla gravidanza, al parto e alle sue conseguenze la donna supera il maschio.
Infine una più lunga aspettativa di vita nel genere femminile non significa una migliore qualità della vita stessa, ma implica un maggior carico di malattie e quindi generalmente una maggior assunzione di farmaci.