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Sanità: 30 mld spesa privata, italiani in fuga da Ssn

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Roma, 23 lug. (AdnKronos Salute) – Italiani in fuga dal Servizio sanitario nazionale. Ticket stellari e tempi di attesa troppo lunghi stanno spingendo sempre più connazionali – oltre 12 milioni – verso gli operatori della sanità privata. Che si leccano i baffi. Secondo le stime che emergono dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del Ssn, condotta dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, la spesa privata ha sfondato il muro dei 30 miliardi l’anno. Per l’esattezza 30,3 mld, tra farmaceutica, diagnostica e assistenza, che – come si legge nel documento – costituiscono “una percentuale rilevante della spesa sanitaria complessiva”.
Una spesa ingente che – osservano i deputati – “pur non collocandosi su un livello non dissimile da quella di altri Paesi europei, è nel nostro Paese quasi per intero ‘out of pocket’, mentre altrove è in buona parte intermediata da assicurazioni e fondi”. L’indagine della Camera svela anche i motivi di questa emigrazione di pazienti dal pubblico al privato: “E’ stato rilevato – si legge nel documento – come l’applicazione dei tcket stia di fatto escludendo le fasce economicamente più deboli della popolazione dall’accesso alle prestazioni sanitarie, in particolare a quelle di specialistica e diagnostica”.
Questa fotografia trova conferma nei dati rilevati dal Censis. Secondo una recente ricerca dell’istituto sul ruolo della sanità integrativa, sono infatti sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria i servizi sanitari che il pubblico non garantisce più: nel 2013 la spesa sanitaria privata è infatti aumentata del 3% rispetto al 2007. E nello stesso arco di tempo quella pubblica è rimasta quasi ferma (+0,6%).
Secondo il Censis, gli italiani sono costretti a scegliere le prestazioni sanitarie da fare subito a pagamento e quelle da rinviare oppure non fare. Così, crolla il ricorso al dentista a pagamento (oltre un milione di visite in meno tra il 2005 e il 2012), ma nello stesso periodo aumentano gli italiani che pagano per intero gli esami del sangue (+74%) e gli accertamenti diagnostici (+19%). Ormai il 41,3% dei cittadini paga per intero le visite specialistiche. Cresce anche la spesa per i ticket, sfiorando i 3 miliardi di euro nel 2013: +10% in termini reali nel periodo 2011-2013.
Insieme alla spesa cresce anche il numero delle persone che si rivolgono al privato, secondo gli ultimi dati del Censis 12,2 mln di italiani. La ragione fondamentale è perché nel pubblico bisogna aspettare troppo tempo per accedere alle prestazioni, come dichiarato dal 61% di coloro che ricorono alla sanità privata. Altre motivazioni sono per quasi il 33%, la possibilità di scegliere il medico di fiducia, e per il 18,2% “se paghi vieni trattato meglio”, mentre il 15% fa riferimento alla indicazione di una persona di fiducia.
La fuga nel privato riguarda soprattutto l’odontoiatria (90%), le visite ginecologiche (57%) e le prestazioni di riabilitazione (36%). Ma il 69% delle persone che hanno effettuato prestazioni sanitarie private reputa alto il prezzo pagato e il 73% ritiene elevato il costo dell’intramoenia.
Uno scenario che incide sul giudizio che gli italiani hanno del Ssn. A finire nel mirino è soprattutto il costo dei ticket. Secondo quanto rilevato dagli esperti del Censis, il 50% degli italiani ritiene che il ticket sulle prestazioni sanitarie sia una tassa iniqua, il 19,5% pensa che sia inutile e il 30% lo considera invece necessario per limitare l’acquisto di farmaci. Il 56% dei cittadini ritiene troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni sanitarie, mentre il 41% lo reputa giusto. Si lamentano di dover pagare ticket elevati soprattutto per le visite ortopediche (53%), l’ecografia dell’addome (52%), le visite ginecologiche (49%) e la colonscopia (45%).
Molto diffusa è poi la percezione di una copertura pubblica sempre più ristretta: il 41% degli italiani dichiara che la sanità pubblica copre solo le prestazioni essenziali e tutto il resto bisogna pagarselo da soli, per il 14% la copertura pubblica è insufficiente per sé e la propria famiglia, mentre il 45% la ritiene adeguata per le prestazioni di cui ha bisogno.
In questa cornice spicca il dato relativo alla sanità integrativa. Il Censis stima in 6 milioni gli italiani che hanno aderito a un fondo sanitario integrativo. Considerando anche i loro familiari, si sale a circa 11 milioni di assistiti. Pochi, rispetto a quanto si registra in altri Paesi europei. Secondo il recente rapporto ‘Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali’ di Censis e Unipol, “l’Italia resta una delle poche economie avanzate in cui la spesa sanitaria out of pocket intermediata – vale a dire gestita attraverso assicurazioni integrative o strumenti simili – si ferma a una quota molto bassa: appena il 13,4% del totale della spesa sanitaria privata a fronte del 43% della Germania, del 65,8% della Francia, del 76,1% degli Stati Uniti”.