Home Nazionale Tumori: 14 mila nuove diagnosi l’anno in giovani, Ssn tuteli fertilità pazienti

Tumori: 14 mila nuove diagnosi l’anno in giovani, Ssn tuteli fertilità pazienti

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Roma Roma, 15 mag. (Adnkronos Salute) – L’obiettivo è lo zero per cento: entro due anni nessun paziente con diagnosi di cancro in età riproduttiva dovrà essere escluso da una consultazione sulla preservazione della fertilità. Oggi non è così: molti malati, infatti, non vengono informati sulle tecniche esistenti e perdono la possibilità di diventare genitori. Nel 2013 si sono registrate in Italia 366 mila nuove diagnosi di cancro, 14 mila fra i 20 e i 39 anni. Il dato emerge dal VI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi al Senato nel corso della IX Giornata nazionale del malato oncologico.
Il testo definisce “l’attenzione alla fertilità” come uno dei bisogni essenziali del paziente con tumore. “Tutti i metodi per preservarla – spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) – devono essere fruibili attraverso il sistema sanitario nazionale. Servono campagne di sensibilizzazione rivolte sia agli specialisti che ai pazienti, un nuovo modello organizzativo e la modifica delle norme esistenti che regolano l’accesso alle procreazione medicalmente assistita”. La progettualità del “dopo il cancro – continua Elisabetta Iannelli, segretario Favo – è motivo di vita e recupero di energie anche durante la malattia ma, purtroppo, il tema della preservazione della fertilità è troppo spesso sottovalutato o misconosciuto. Per tale motivo è necessario che si operi in due direzioni. Da un lato, va creata la rete organizzativa dei centri, sulla base di un modello definito ‘Hub & Spokes’, con poche strutture specializzate, alle quali devono far riferimento altri centri connessi, come i raggi di una ruota”.
“Dall’altro lato – prosegue – è necessario consentire, sotto una stretta sorveglianza dell’oncologo e del ginecologo, la prescrivibilità ai pazienti dei farmaci necessari per le pratiche di conservazione della fertilità”. Gli italiani fino a 44 anni che vivono dopo una diagnosi di tumore sono circa 200 mila. Questi numeri includono sia i lungosopravviventi e guariti a una neoplasia infantile, sia le persone a cui è stata diagnosticata la malattia tra 15 e 44 anni. In una lettera inviata al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, società scientifiche (Associazione italiana di oncologia medica, Società italiana di ginecologia e ostetricia e Società italiana ospedaliera sterilità) e associazioni dei pazienti (Favo, Salute Donna, Andos) hanno chiesto un intervento urgente delle istituzioni.
“Alle chance di cura e guarigione – si legge nella lettera – non può non corrispondere una pari tutela della fertilità e quindi della realizzazione della progettualità familiare che in molti casi è oggi possibile grazie alle tecniche esistenti di preservazione della fertilità”. Ad esempio, ogni anno nel nostro Paese circa 2.500 donne under 40 sono colpite da tumore al seno e più di un terzo di loro non ha ancora avuto figli. Però solo il 10% ricorre a queste tecniche e il 90% perde l’opportunità di diventare madre.
“Per anni – afferma Annamaria Mancuso, presidente Salute Donna – la fertilità futura dei pazienti oncologici è stata considerata alla stregua di un capriccio, a volte ritenuto addirittura pericoloso per la stessa sopravvivenza, tuttavia si stanno moltiplicando gli sforzi per preservare la fertilità futura. L’impegno è tale che è stato coniato il termine ‘Oncofertilità’ per definire una nuova disciplina, frutto dell’incontro tra oncologia e medicina della riproduzione. E’ importante che tutti i pazienti con diagnosi di cancro in età riproduttiva vengano adeguatamente informati del rischio di riduzione della fertilità a causa dei trattamenti antitumorali e, al tempo stesso, delle strategie oggi disponibili per limitare questa possibile conseguenza. Ad esempio, nelle schede tecniche contenute nelle confezioni dei farmaci tossici per ovaio e testicolo, non vi è traccia del fatto che potrebbero determinare la perdita della capacità riproduttiva in entrambi i sessi”.
“I malati oncologici – sottolinea Stefano Cascinu, presidente Aiom – devono accedere con semplicità alle informazioni sull’impatto che le terapie possono determinare. L’intento che perseguiamo è quello di una capillare diffusione dell’informazione sulla possibilità semplice e concreta di conservare cellule o tessuti riproduttivi. Occorre quindi attuare un piano formativo per le professioni sanitarie, a cominciare dai medici. Aiom e Sigo sono impegnate in un’attività congiunta per la formazione dei medici specialisti e, con l’Istituto superiore di sanità, per la diffusione su tutto il territorio nazionale della cultura della protezione della fertilità nei pazienti con tumore”.