Home Attualità A Expo birrai europei a confronto: consumo sempre più ‘rosa’ e sostenibile

A Expo birrai europei a confronto: consumo sempre più ‘rosa’ e sostenibile

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Milano, 19 giu. (Labitalia) – Seimila birrifici in Europa, 390 milioni di ettolitri di birra prodotti, di cui 74 destinati all’export, 2 milioni di persone occupate nel Vecchio Continente (l’1% del totale dei posti di lavoro europei), di cui il 7% in Italia. E’ questa la fotografia del settore birrario europeo scattata dai ‘The Brewers of Europe’ (BoE), l’organismo che riunisce le associazioni nazionali dei produttori di birra da 29 paesi europei, che si incontra ad Expo per l’assemblea annuale per fare il punto sul contributo offerto dal settore in termini di crescita economica e occupazionale, in Ue e in Italia. Ma anche per sottolineare l’impegno della filiera sul fronte della sostenibilità, sul consumo responsabile e sulla promozione della cultura della birra.
Un appuntamento ‘storico’ per il nostro Paese visto che l’assemblea del BoE non si svolgeva in Italia da 57 anni. “Per noi è molto importante – spiega Filippo Terzaghi, direttore di AssoBirra e membro dell’Executive Committee di BoE – poter ospitare oggi l’assemblea annuale del BoE nel nostro Paese. Quando parliamo di birra, anche in Italia, parliamo ormai di un prodotto attento all’ambiente, che si propone per un consumo responsabile e mediterraneo, che crea occupazione grazie agli oltre 600 impianti che danno lavoro (compreso l’indotto) a 136mila persone”.
“Un prodotto – sottolinea – che è sempre più amato dalle donne, alle quali quest’anno abbiamo dedicato una campagna pubblicitaria, ‘Birra, io t’adoro’, che segna anche il ritorno in comunicazione di AssoBirra trent’anni dopo le campagne con Arbore. Eppure, parliamo inoltre di un settore che fa fatica a crescere, anche per colpa della tassazione che penalizza i produttori, e che nei primi 10 mesi del 2014 registra vendite ‘piatte’ pari a un -0,6%”.
Proprio l’Italia, del resto, rappresenta il capofila di questo fenomeno. Trent’anni fa solo 2 nostre connazionali su 10 bevevano birra, oggi siamo il Paese con il più alto numero di consumatrici di birra in Europa (6 su 10). Un dato un po’ in controtendenza se parliamo di consumi ‘tricolori’. Con 29 litri l’anno/procapite, infatti, l’Italia resta il Paese europeo con il livello più basso di consumo. Consumo che, peraltro, nel 70% dei casi avviene ‘a pasto’, ossia in maniera responsabile e mediterranea, e nel 13% come aperitivo, spesso rinforzato. Ma quando parliamo di consumi in Italia parliamo anche di una modalità di bere birra che sta cambiando: ci si sposta da un consumo ‘fuori casa’ a uno ‘in casa’, privilegiando prodotti a basso costo con un ulteriore riduzione dei margini per chi produce birra.
“Quando parliamo di birra, di consumi e soprattutto di tendenze – prosegue Terzaghi – non possiamo non citare il fenomeno dei microbirrifici, che vede l’Italia al terzo posto in Europa, subito dopo Regno Unito e Germania, per attività imprenditoriali avviate: oggi siamo a circa 600 impianti sul territorio, ossia 1 microbirrificio almeno in ogni provincia dello stivale. E registriamo anche uno dei tassi di crescita maggiore nel Vecchio Continente, con il numero dei microbirrifici attivi più che raddoppiato negli ultimi sei anni (+138%)”.
“Eppure, quando parliamo di queste realtà, non possiamo trascurare che nel 1° trimestre del 2015 abbiamo registrato l’apertura di solo 11 nuovi microbirrifici contro i 20 dell’ultimo trimestre dell’anno precedente, con un calo di aperture stimato attorno al -50%. Un dato che ci allarma e che è conseguenza dell’andamento piatto del mercato ma anche, e soprattutto, del mutato contesto di tassazione, che ha visto aumentare del +30% le accise sul prodotto in soli 15 mesi. Un vero peccato se si pensa che il settore potrebbe arrivare a creare fino a 7mila nuovi posti di lavoro se la tassazione diminuisse ai livelli di Spagna o Germania”, avverte.
Se ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’ è il tema di Expo 2015, l’attenzione alla sostenibilità e al risparmio energetico ricoprono in questa edizione della manifestazione internazionale un ruolo centrale. Anche in questa ottica i dati proposti dal BoE mostrano l’impegno del settore birrario per il rispetto dell’ambiente. In confronto al 1992 , la birra è diventata più sostenibile, grazie a un’ottimizzazione dei processi produttivi. Negli ultimi 20 anni, anche l’Italia è stata al passo con i progressi europei: le aziende birrarie italiane hanno abbattuto di circa due terzi le quantità di acqua consumata per produrre la birra, con un risparmio generale che ammonta a 8,8 miliardi di litri, equivalenti al fabbisogno idrico della Valle d’Aosta per un anno.
Allo stesso tempo, è diminuito di oltre un quarto il consumo di energia per ettolitro di birra prodotto, passato da 177 MJ a 128 MJ. In misura ancora maggiore (-40% circa) sono diminuite le emissioni di CO2, con un risparmio annuo pari a 62 mila tonnellate. Dal 1990 a oggi, malgrado l’aumento dei volumi produttivi e della percentuale di birra in bottiglia, il quantitativo di vetro è diminuito del 20% (da 522 mila a 404 mila tonnellate annue) grazie alla riduzione dello spessore.
Analogamente, alleggerendo il peso delle lattine contenitore (da 17 a 13 grammi), il quantitativo di alluminio impiegato è sceso del 40%. Il 17% del volume di birra è ormai distribuito in fusti: un valore che pochi settori possono vantare per il sistema di distribuzione a minore impatto ambientale secondo le analisi internazionali di Life Cycle Assessment (LCA). Ogni anno oltre 180 mila tonnellate di trebbie, invece di essere avviate allo smaltimento in discarica, sono recuperate e destinate all’alimentazione animale.
“Sul fronte della sostenibilità – spiega Terzaghi – l’impegno della nostra industria in questi ultimii 20 anni ha portato risultati significativi. Nel 2013 quasi il 14% della birra venduta (percentuale che pochi altri settori possono vantare) è stata distribuita in fusti, il sistema a minor impatto ambientale secondo le analisi internazionali di Life Cycle Assessment (LCA). Sempre nel 2013, circa 200 mila tonnellate di trebbie sono state recuperate e destinate all’alimentazione animale e infine, entro il 2020, le aziende birrarie italiane si sono impegnate a risparmiare di un ulteriore 25% l’impiego di acqua e a diminuire del 40-50% le emissioni di CO2”.
‘The Brewers of Europe’ annuncia anche un importante impegno, da parte del settore, volto a garantire al consumatore la massima trasparenza sui propri prodotti e sugli ingredienti utilizzati. I produttori di birra, infatti, elencheranno volontariamente gli ingredienti usati e le relative informazioni nutrizionali, in linea con i requisiti di legge previsti per tutte le bevande analcoliche.
“‘The Brewers of Europe’ è immensamente orgogliosa delle birre che produce – afferma Pierre-Olivier Bergeron, segretario generale di BoE – e degli ingredienti utilizzati per la loro produzione. Vogliamo che i consumatori europei conoscano gli ingredienti della birra e che comprendano come queste birre possano rientrare in uno stile di vita equilibrato. BoE già etichetta il contenuto di alcol sulle marche di birra ma, d’accordo con le associazioni dei consumatori, farà in modo che i cittadini abbiano accesso agli ingredienti e alle informazioni nutrizionali, consentendo loro di confrontarli con tutte le altre bevande a loro disposizione, sia analcoliche e alcoliche”.
L’Italia resta, però, un’anomalia per quanto riguarda le accise. Nel nostro Paese, tra Iva e accise (grazie anche all’aumento del +30% in 15 mesi), si è raggiunto uno dei livelli di tassazione più alto in Europa. Peraltro, in un contesto in cui la birra appare come l’unica bevanda alcolica da pasto su cui gravano le accise stesse. Per il settore birrario europeo l’esempio virtuoso da seguire è quello della Gran Bretagna, dove un taglio dell’imposta di un centesimo di sterlina, ha avuto immediatamente effetti positivi.
“La discriminazione – avverte – rispetto alle altre bevande da pasto e rispetto agli altri Paesi europei, dove la birra è tassata molto meno, limita anche la potenzialità di esportazione dei marchi italiani. Oggi 1 sorso su 2 della nostra birra se la beve il fisco, proprio per questo abbiamo lanciato una campagna ‘Salva la Tua Birra’ e raccolto oltre 117mila firme di persone che hanno detto ‘no’ a questo aumento. Inoltre abbiamo realizzato una birra ‘limited edition’, che si chiama FiscAle, per riportare l’attenzione dei decisori su questa ingiusta pressione fiscale che siamo chiamati a sostenere”.
“Basti pensare che in 12 anni l’accisa è aumentata da 16,8 a 36,5 euro per ettolitro, pari a un incremento del 117,3%. Ma l’aumento effettivo arriva al 120%, perché sull’accisa si applica anche l’Iva che nel frattempo è salita dal 20% al 22%. E pensare che l’industria della birra potrebbe dare molto di più in termini di occupazione: se solo le accise in Italia fossero al livello di Germania o Spagna il settore potrebbe generare 7mila nuovi posti di lavoro in un anno”, conclude Terzaghi.