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Caldo: Cnr, città sempre più bollenti, arriva mappa aree roventi

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Roma, 2 set. (AdnKronos Salute) – Le città diventano sempre più bollenti per il caldo estremo. E a causa dei picchi torridi delle temperature, negli ambienti urbani sono molte le aree roventi a causa della cementificazione e delle superfici asfaltate, con gravi ricadute sulla salute della popolazione, soprattutto degli anziani. A confermare l’associazione tra canicola metropolitana e benessere dei più fragili, specie gli over 65 anni, sono i ricercatori dell’Istituto di biometeorologia del Cnr (Ibimet-Cnr), che hanno sviluppato mappe ad alta risoluzione in cui mostrano come il rischio da caldo sia generalmente concentrato nelle zone centrali e nelle città costiere. I risultati dello studio sono stati pubblicati su ‘Plos One’.
Numerose ricerche dimostrano l’associazione tra elevate temperature e salute: anche un recente studio statunitense – ricorda il Cnr – stima un aumento del 3% dei ricoveri ospedalieri tra over 65 negli 8 giorni successivi a condizioni di caldo estremo, mentre il rischio di mortalità aumenta dall’1 al 3% per un aumento di 1°C della temperatura oltre una specifica soglia. Ecco ora nuove conferme dai ricercatori italiani.
“In ambiente urbano – spiegano gli studiosi – l’effetto termico è amplificato dall”isola di calore’: cementificazione e superfici asfaltate contribuiscono a un maggiore accumulo di calore durante il periodo diurno, rilasciato per irraggiamento durante la notte, quando le differenze tra zone centrali e rurali possono superare i 5°C e, in città di grandi dimensioni, i 10°”. Per questo i ricercatori dell’Ibimet-Cnr hanno sviluppato mappe ad alta risoluzione delle più città italiane più popolose, relative alla distribuzione spaziale del rischio diurno e notturno da caldo urbano per la popolazione anziana. Una serie di 13 anni (2001-2013) di dati satellitari della Nasa sulla temperatura superficiale del suolo e i dati Eurostat sulla densità della popolazione totale e anziana relativa al 2001 sono stati processati, mediante la metodologia di valutazione del rischio validata con il progetto internazionale Asscue.
“In conseguenza del riscaldamento globale, forti impatti sono previsti proprio nelle aree urbane”, afferma Marco Morabito dell’Ibimet-Cnr. “Superfici di colore scuro come le strade asfaltate possono raggiungere temperature di oltre 10°C rispetto alle zone circostanti. Si consideri che attualmente circa il 70% della popolazione italiana risiede in aree urbane e tale valore è previsto in aumento all’80% entro il 2050, quando circa un terzo della popolazione italiana sarà rappresentata da anziani di età superiore a 65 anni”. Ma “nonostante queste premesse, mancano informazioni relative alla distribuzione spaziale del rischio da caldo nelle aree urbane”.
L’indice da caldo diurno e notturno calcolato dall’Ibimet-Cnr individua così 5 livelli di rischio, da molto basso a molto alto. “Le mappe sviluppate – evidenzia Morabito – mostrano una marcata eterogeneità, con i livelli più elevati di rischio da caldo generalmente concentrati nelle zone centrali delle città e nelle città costiere, dove il rischio alto e molto alto è in media più elevato rispetto a quelle dell’entroterra. Il più elevato livello di rischio da caldo si raggiunge nel 15-16% circa della superficie totale a Napoli, seguita da Padova (8-9%) e Palermo (8%). Bologna e Genova hanno invece mostrato valori minori, sia di giorno sia di notte”.
Ma il rischio da caldo maggiore è associato, oltre che alle più alte temperature superficiali del suolo, alla distribuzione della popolazione, soprattutto la più vulnerabile. “In particolare sono stati osservati valori di densità di popolazione particolarmente alti associati a rischio da caldo molto alto a Genova e Napoli tra le città costiere, Milano e Torino nell’entroterra”, riporta il ricercatore dell’Ibimet-Cnr.
Secondo gli scienziati, dunque, l’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio è molto utile per pianificare e ottimizzare gli interventi delle autorità durante fenomeni di caldo estremo e contrastarne gli effetti. “Ad esempio – suggerisce Morabito – predisponendo un efficace rifornimento di acqua, il posizionamento di servizi sanitari temporanei o l’assistenza ai soggetti”.
Sarebbero d’aiuto, indica ancora lo scienziato, “anche interventi di mitigazione dell’ambiente urbano mediante reintroduzione della vegetazione, o rivestendo i tetti con vegetazione o materiali riflettenti”.
Ma i ricercatori dell’Ibimet-Cnr non si fermano qui, anzi stanno effettuando altre indagini a livello stagionale che confermano la relazione lineare tra consumo di suolo e aumento della temperatura di superficie diurna e notturna. “Ad esempio, a Milano – conclude Morabito – per ogni 20 ettari di suolo consumato è stato osservato un aumento diurno medio annuo di circa 0,6°C”.