Home Nazionale La farmacologa, è trend per la ‘drug repositioning’, nuovi usi per vecchi medicinali

La farmacologa, è trend per la ‘drug repositioning’, nuovi usi per vecchi medicinali

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Roma, 27 ott. (AdnKronos Salute) – Tecnicamente si chiama ‘drug repositioning’ ed è la tendenza più in voga nei laboratori di ricerca farmacologica di tutto il mondo: riconsiderare molecole, ampiamente utilizzate o cadute in disuso, per altre applicazioni terapeutiche. Un fenomeno dalla ‘doppia faccia’, spiega all’AdnKronos Salute Maria Pia Abbracchio, ordinario di Farmacologia all’Università Statale di Milano, e autrice di uno studio pubblicato oggi su ‘Nature Communications’ che rivela proprio un nuovo possibile uso (per ‘risvegliare’ il cervello) di un prodotto antiasma.
“Da un lato – sottolinea l’esperta – per noi ricercatori di base è entusiasmante perché vediamo molto prima l’applicazione dei nostri studi sui pazienti: la ‘frustrazione’ è spesso quella di non vedere mai impiegato quello che scopriamo, e in questo modo invece i tempi si abbreviano molto. Ma questo desiderio di ‘repositioning’ riflette anche una preoccupante mancanza di nuovi farmaci, legata all’altissimo costo di sviluppo”.
Mettendo sotto la lente farmaci ‘vecchi’ alla ricerca di nuove caratteristiche e utilizzi, aggiunge Abbracchio, “accelera il processo di traslazione della ricerca verso il letto del paziente: essendo medicinali già impiegati in sicurezza sull’uomo, richiedono tempi molto più brevi di studio per approvare la nuova indicazione. Si abbreviano dunque i tempi, sfruttiamo medicinali di cui conosciamo già bene il profilo sicurezza e risparmiamo i grandi costi”.
Questi ultimi “sono molto spesso legati ai fallimenti di molti farmaci in fase clinica, a causa dei quali sono stati chiusi moltissimi filoni di ricerca (in primis ictus cerebrale, Alzheimer). Avere un farmaco già noto facilita, quindi, da un punto di vista”, ma crea un “problema di innovazione: i costi così elevati dei processi di ricerca e sviluppo hanno separato l’accademia e l’industria, che una volta erano più legate. E questo ha creato una carenza di nuovi bersagli verso cui indirizzare le nuove terapie. Se possiamo in qualche modo ‘rimediare’ usando prodotti già sul mercato, tanto di guadagnato”, conclude Abbracchio.