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Alitalia: Ibl, no a nazionalizzazione, già da privata costata 6 mld

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Roma, 24 dic. (AdnKronos) – L’Alitalia naviga in cattive acque ma non per questo bisogna invocare una nazionalizzazione del vettore, che è stato condotto a ripetuti semi-fallimenti proprio dalla gestione pubblica e che dal fallimento del 2008, anno della privatizzazione, ad oggi è costata 6 miliardi. Piuttosto, meglio lasciare la compagnia al suo destino con una soluzione di mercato che passi tramite la creazione di un grande gruppo tedesco con dentro Air Berlin e Alitalia. E’ questa la tesi sostenuta nel focus che l’Istituto Bruno Leoni dedica alla crisi dell’Alitalia.
“Le perdite accumulate dal momento della privatizzazione (ovvero dal 2009 a oggi) sono state continue”, afferma l’economista Andrea Giuricin. “Per farvi fronte, in questi ultimi anni si sono avuti sia interventi pubblici, sia cambiamenti della compagine societaria. Da un lato lo Stato non è rimasto a guardare. In primo luogo si è consentita l’entrata nel capitale della compagnia privata di Poste Italiane, con un investimento di 75 milioni di euro. Considerati l’andamento della compagnia e le perdite accumulate tra il 2014 e il 2016, circa 1179 milioni di euro, questo investimento pubblico difficilmente – argomenta – può essere considerato profittevole”.
Poi nel 2014 l’arrivo di Etihad. “Il piano di rilancio, focalizzato sull’incremento di voli intercontinentali, si è tuttavia scontrato con l’incapacità di sviluppare insieme all’aeroporto di Fiumicino una strategia comune. Proprio in ragione di questa difficoltà, Aeroporti di Roma – afferma Giuricin – ha comprensibilmente puntato sulla crescita dei voli low cost a partire dalla stagione estiva del 2015 con l’entrata in forza di Ryanair, Vueling ed Easyjet”.