Home Nazionale Mafia: tre omicidi nel Palermitano, pentito ‘così li uccidemmo’

Mafia: tre omicidi nel Palermitano, pentito ‘così li uccidemmo’

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Palermo, 29 nov. (AdnKronos) – “… mentre Cataldo parlava con Giambanco, che era arrivato con una jeep, io, Pulizzi e Gallina uscimmo allo scoperto e prendemmo la vittima per le mani e i piedi: lo portammo nel deposito di Cataldo, dove quest’ultimo lo colpì alla testa con un attrezzo da lavoro fino a fargli perdere conoscenza. Quando Giambanco cadde a terra, gli scivolò dai pantaloni una pistola, una 357 magnum cromata, che fu presa per ricordo da Gallina”. A raccontare agli investigatori le modalità dell’omicidio di Francesco Giambanco, ucciso a Carini il 16 dicembre 2000, è il neo collaboratore di giustizia Nino Pipitone, condannato all’ergastolo per l’omicidio di D’Angelo, che il 26 settembre scorso ha deciso di saltare il fosso.
Grazie alle sue dichiarazioni e a quelle precedenti di un altro pentito, Gaspare Pulizzi, i carabinieri del nucleo Investigativo di Palermo hanno dato esecuzione a un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura distrettuale di Palermo nei confronti di quattro persone appartenenti, in qualità di capi e gregari, alla famiglia mafiosa di Carini. Sono accusati dell’omicidio non solo di Giambanco, ma anche di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, scomparsi nel 1999. “Giambanco era un ragazzo di Carini, mio coetaneo all’incirca – racconta Pipitone – che conoscevo e che lavorava con i camion per attività di trasporto edile”. A decretare la sua condanna a morte erano stati “i miei zii Giovan Battista e Vincenzo (Pipitone, ndr), nonché Antonino Di Maggio – racconta ancora il neo pentito -. Il motivo specifico non lo conosco, ma so che questo ragazzo aveva dato fastidio muovendosi per furto o altro senza autorizzazione”.