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42 chilometri di corsa… la Maratona di New York con Carlo Polci

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42 chilometri di corsa… la Maratona di New York con Carlo Polci
Carlo Polci

“Trentatré anni fa la scopri … la maratona di New York! Non c’eri mai stato prima in quella città non avevi idea di quell’immensa nazione tu che avevi conosciuto solo il calcio e le vacanze a San Vincenzo. Eppure ti era rimasta nel cuore più della grande mela con i suoi grattacieli più della statua della libertà più delle cascate del Niagara. E quel giorno decidi che l’avresti corsa anche tu!

Poi la vita scorre diversa e pensi che quel sogno resterà tale. Fai un lavoro d’ufficio, hai abbandonato i campi di calcio X diventare teorico anche lì, il tempo passa ed i capelli pian piano cambiano colore. Poi, misteriosamente, tornano le condizioni, ti viene voglia, trovi il tempo, inizi a dimagrire ed a correre. Prima la palestra New Gym che ti toglie la ruggine, poi la strada da solo.

Un anno di allenamento. 30kg se ne vanno ed il sogno inizia a materializzarsi. Massy, silenzioso ghost writer dei tuoi piani di allenamento ti dice che ce la puoi fare. Il 3 novembre parti. New York è sempre uguale maestosa e fascinosa. Superi il fuso ti acclimati e il 6 mattina sei sul pullman che ti porta alla partenza. Arrivi a Fort Wadsworth enorme spiazzo ove devi attendere le sue canoniche ore X partire. Alle 10,00 sei sulla linea di partenza, rifai mentalmente il percorso 100 volte ma ti battono i denti dalla paura.

Hai 60 anni due anni fa erano anni che non facevi un passo di corsa, oggi ce la farai a fare 42km? Tua figlia è già partita, lei va come il vento rispetto a te ma è il tuo esempio, è lei che ti ha spronato… dai parti e pochi discorsi!

Alle 10,15 si parte, le miglia una dopo l’altro scorrono sotto i tuoi piedi in maniera apparentemente facile. 9’30” a miglio devi fare, dai tieni il ritmo. Decimo miglio, ci siamo, sei nel mezzo del fiume di gente che corre con migliaia di persone a dare da sponda. Qui sono tutti felici della loro maratona. Ogni bimbo protende la manina e pretende il cinque… è felicità collettiva è felicità vera … e corri e sudi, e corri e ridi, non ti sembra vero di essere lì ma ci sei!

Metà gara in due ore e poco più, dai dai adesso c’è il temuto ponte di Queensborough … metti la papala che hai dietro, il vento potrebbe “seccarti”… e infatti ne vedi tanti che rallentano o si fermano respinti da quel refolo sottile e bastardo. Passi il ponte e sai che li c’è l’altra tua figlia con tua moglie … riuscirai a vederli?

 

Un video pubblicato da Nicoletta (@sharnagi) in data:

Poi un tuffo al cuore eccola lì che urla ti incita sorridente bellissima ti da una scossa di adrenalina che fai fatica a contenere … e poi tua moglie con gli occhi lucidi ti fa sentire bikyla  alle Terme di Caracalla anche se ne hai 20.000 davanti. Parti verso il Bronx con la solita lena passi il 30mo in poco più di 3 ore … oh! Vuoi vedere che la faccio anche in poco più di 4 ore sarebbe un record per me.

Ma mancava ancora l’ultima compagna di questo viaggio da estasi … la crisi! E puntuale si presenta anche lei al 22mo miglio. Dura, improvvisa, violenta! Le gambe improvvisamente dicono di fermarsi, la testa dice no! Andare avanti a tutti i costi. E la corsa da gioia di felicità diventa gioia di dolore. Le 4 miglia fino al 24mo sono in salita lo sai. E’ lieve dicono gli altimetri. E’ il mortirolo dicono le gambe, ma la testa dice non c’è ostacolo che non si possa superare e si va avanti. La velocità e’ un ricordo, in tanti (3000?5000? Che importa!) ti sorpassano ma l’avanzata non si arresta.

Finalmente dopo 45′ minuti sei al 24mo miglio ora la strada è leggermente in discesa e di può ricominciare a correre seppur in qualche modo. A 800 dal traguardo ritrovi nuovamente le tue due donne e la piccola e’ ancora lì che urla a squarciagola “go go go babbo! Vai!” E le gambe allora si che non si oppongono più alla testa ma la assecondano dolcemente. Arriva Central Park, arriva il traguardo, sono passate 4h 40′ e’ passata tutta la vita. Adesso la gioia è piena e le lacrime che arrivano da sole assumono la forma di una autobenedizione.

Grazie a Dio che mi ha permesso questa esperienza ad una età in cui ho saputo assaporarla appieno, grazie a New York con la sua magia, grazie alla crisi che ha condito l’evento sportivo, grazie infine anche a me stesso per averla voluta con forza con costanza con volontà con convinzione ed essere stato capace di portarla a casa.”

Carlo Polci