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Salute: l’arcipelago sperduto nel Pacifico che vuole bandire il junk food

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Milano, 20 feb. (AdnKronos Salute) – La rivolta anti-junk food potrebbe partire da molto lontano. Da Torba (isole Torres e Banks), un piccolo arcipelago sperduto nel Pacifico – 9 mila abitanti circa e meno di mille turisti l’anno, perlopiù europei – provincia dell’altrettanto piccolo Stato insulare di Vanuatu. Un pugno di isolette che si apprestano a diventare la prima zona del mondo ‘junk food free’, paradiso del bio a chilometro zero. Niente più cookie ultra grassi, bevande zuccherate, noodle importati o conserve di pesce, ma solo noci di cocco, aragoste e succo di lime locali.
E’ la visione del Torba Tourism Council che sta pianificando di mettere fuori legge tutti i prodotti alimentari importati nelle strutture ricettive e governative delle 13 isole che compongono la provincia. Se il ‘junk food ban’ dovesse andare in porto, in questi territori si consumerebbero dunque solo alimenti biologici locali. Secondo le previsioni il divieto dovrebbe entrare in vigore a marzo. A muovere in questa direzione i leader della provincia l’obesità che è diventata un’emergenza anche a queste latitudini, causata in parte dal consumo eccessivo di ‘cibo spazzatura’ importato.
“Vogliamo mettere al bando il junk food da questa provincia”, spiega in un’intervista telefonica riportata sul ‘New York Times’ Luke Dini, il presidente del Council di Torba, prete anglicano in pensione. Dietro all’imminente divieto c’è anche lo sforzo di promuovere l’agricoltura locale e di dare risposta all’aumento del diabete e altre malattie osservato dai componenti del consiglio a Port-Vila, capitale di Vanuatu. Il varo di un più completo bando alle importazioni di cibo spazzatura a Torba potrebbe richiedere almeno 2 anni, ha aggiunto Dini, e una decisione finale su quali prodotti vietare sarebbe assunta dal governo nazionale.
Ma l’iniziativa incontra già il favore di esperti di salute pubblica che studiano le nazioni insulari del Pacifico, secondo cui misure coraggiose come questa sono necessarie in una regione povera e isolata di 10 milioni di persone, per la quale il costo dell’invio di pazienti all’estero per trattamenti di dialisi o trapianti di reni è insostenibile.
Un segnale di quanto imponente sia la crisi era già in un report del 2014 della Banca Mondiale, in cui si stimava che il 52% degli uomini adulti nel regno di Tonga (Polinesia) fosse obeso, il tasso più alto dei 188 Paesi presi in esame. Ma dal rapporto emergeva anche che dei 7 Paesi del mondo con tassi di obesità femminile a quota 50%, 4 erano nazioni insulari del Pacifico: Tonga, Samoa, Kiribati e gli Stati federati di Micronesia. Per gli esperti la crisi sanitaria della regione è principalmente guidata da una variazione decennale nella dieta (con una virata verso zuccheri, amidi raffinati e alimenti trasformati).
Nell’area, secondo uno studio apparso sempre nel 2014 sulla rivista ‘Diabetes Research and Clinical Practice’, 10 paesi e territori avevano percentuali di diabete tra il 19% e il 37%. Il tasso di Vanuatu, che ha una popolazione di circa 250 mila persone, era del 24% circa. Nello stesso anno gli Usa erano fermi al 9,3%.