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Progetto Valelapena, l’uva del riscatto

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Roma, 22 nov. (AdnKronos) – Una mostra-evento per raccontare il ruolo dell’agricoltura come strumento di riscatto e di reinserimento sociale. Si chiama ‘Valelapena. Storie di riscatto dal carcere d’Alba’ ed è composta da una selezione di scatti tratti dal libro fotografico che porta lo stesso titolo, curato dal giornalista Luigi Dall’Olio e dal fotoreporter Armando Rotoletti.
La presentazione dell’esposizione, alle istituzioni e alla stampa, in un evento privato nella Sala del Cenacolo di Palazzo Valdina questo pomeriggio a Roma. Un’occasione per raccontare il ruolo dell’agricoltura come strumento non solo di valorizzazione territoriale ed economica ma anche sociale attraverso l’esempio virtuoso di Alba.
Il progetto nasce all’interno della Casa Circondariale nel 2006, quando è stato riattivato il corso di operatore agricolo. Da qui l’idea di dare vita a un vigneto, sfruttando alcune aree non coltivate all’interno del penitenziario nel rispetto della vocazione vinicola del territorio. Nel 2007-2008 i lavori per lo sviluppo e la messa a punto del vigneto e contestualmente anche la realizzazione un orto di 3.000 metri quadri e una serra di 170. La prima vendemmia nel 2009, con una produzione di 750 bottiglie (per poi aumentare considerevolmente negli anni a venire), e nel 2010 il concorso, interno al carcere, che dà il nome al vino prodotto e all’intero progetto: nasce l’etichetta Valelapena.
Sempre nel 2009 l’incontro con Syngenta, che diventa partner ufficiale del progetto. “Quando il nostro responsabile territoriale ci ha presentato il progetto, ce ne siamo subito innamorati per il profondo valore sociale e riabilitativo che questo rappresentava non solo per i detenuti ma anche per il territorio stesso – sottolinea Riccardo Vanelli, ad di Syngenta Italia – Abbiamo quindi deciso di diventarne partner, fornendo i prodotti per la difesa del vigneto e le piantine di fiori e orto per la serra. Inoltre, abbiamo messo a disposizione il nostro personale tecnico qualificato per formare i detenuti sulla corretta gestione del vigneto”.
Un cerchio che si chiude: il percorso che i detenuti intraprendono permette loro di acquisire una professionalità spendibile sul mercato del lavoro con il fine ultimo del reinserimento sociale. Non solo. La vendita del prodotto contribuisce al reperimento dei fondi per sostenere il progetto stesso.
“Crediamo fortemente nel ruolo peculiare con alta valenza educativa dell’agricoltura e nella sua importanza per la nostra economia e per il nostro tessuto sociale. Questo è ancora più vero quando si parla di detenuti: testimonianze dall’Italia e dal Brasile indicano il passaggio da una recidiva media del 90% al 2% per i carcerati che lavorano. In termini di costi il bilancio è strabiliante: 9 milioni di dollari risparmiati contro 1 investito – continua – Ma l’importanza principale di progetti come Valelapena è quella di offrire ai detenuti una professionalità spendibile al termine della loro reclusione, assolvendo in questo modo alla funzione più delicata degli istituti di pena, ossia quella di favorire il processo di reinserimento sociale non in senso astratto e generico, ma rapportandosi concretamente al contesto della comunità locale e alle opportunità offerte dal tessuto produttivo del territorio”.
“È in questa ottica che la normativa sull’Agricoltura Sociale aiuta il cambio culturale, basandosi su un modello di agricoltura responsabile che sia produttiva, rispettosa dell’ambiente e delle peculiarità del territorio, ma anche attenta alle esigenze della persona e delle comunità”, conclude.