Home Nazionale Ricerca: ecco i geni che fanno invecchiare cervello, scoperta Italia-Gb

Ricerca: ecco i geni che fanno invecchiare cervello, scoperta Italia-Gb

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Roma, 19 mar. (AdnKronos Salute) – Un gruppo di geni coinvolti nell’invecchiamento del cervello legato all’età è stato identificato dal team di ricerca del dipartimento di Biologia e biotecnologie ‘C. Darwin’ dell’Università Sapienza di Roma, in collaborazione con il Babraham Institute di Cambridge (Gb). I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista ‘Aging Cell’, mostrano che uno di questi geni, denominato Dbx2, può determinare un invecchiamento precoce delle cellule staminali neurali, riducendone la capacità di crescita.
Le cellule staminali neurali sono responsabili della produzione di nuovi neuroni nel cervello adulto. Con l’età, danno vita a sempre meno cellule nervose e ciò può causare un deterioramento delle capacità cognitive del cervello. Il team di ricerca internazionale ha confrontato l’attività genica delle staminali neurali di topi vecchi e giovani, identificando 254 geni la cui attività si altera nelle cellule vecchie. Ed è stato osservato che, mentre per molti di questi geni l’attività si riduce, per il gene Dbx2 aumenta.
“Siamo riusciti ad aumentare l’attività di Dbx2 nelle cellule staminali neurali giovani – spiega Giuseppe Lupo della Sapienza, primo autore dello studio – quindi ad accelerare alcuni aspetti del processo di invecchiamento. Ciò ha permesso di osservare in queste cellule l’acquisizione di caratteristiche simili a quelle delle cellule vecchie, in particolare un rallentamento della proliferazione”.
La ricerca, diretta per la Sapienza da Emanuele Cacci e per il Babraham Institute da Peter Rugg-Gunn, potrebbe avere una forte ricaduta nell’avanzamento delle conoscenze sui meccanismi del declino cognitivo durante l’invecchiamento. “Proveremo ora – conclude Lupo – a utilizzare la genetica e le cellule staminali neurali per far ‘tornare indietro’ le cellule più vecchie affinché recuperino la capacità di crescita. I risultati ottenuti con le cellule staminali neurali di topo potrebbero in futuro essere applicati alle cellule staminali umane”.