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Ricerca: in Italia scesa a 1,29% Pil, si innova solo grazie a talenti

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Roma, 6 feb. (AdnKronos Salute) – L’Italia è scesa all’1,29% del Pil negli investimenti per la ricerca, ma nonostante ciò innova grazie ai suoi talenti: scienziati, tecnologi e imprenditori illuminati. Una condizione di equilibrio che “potrebbe non reggere il confronto con l’avanzata delle nuove tecnologie”, per questo il nostro Paese deve cambiare rotta e attivare “una cabina di regia unica per R&S a Palazzo Chigi”. A delineare lo scenario è l’Accademia dei Lincei che domani avvierà un confronto a via Lungara “sui problemi della ricerca e innovazione in Italia, nel contesto europeo e internazionale”.
Stando ai dati analizzati dall’Accademia, nel nostro Paese la spesa totale per Ricerca e Sviluppo nel 2016 è stata di 21,6 miliardi di euro, l’1,29% del Pil (dati provvisori), diminuita dai 22,1 mld del consuntivo 2015, l’1,34% del Pil. In Francia e Germania le percentuali sono del 2,22 e del 2,94%. Ha pesato qui, segnalano i Lincei, il forte calo degli stanziamenti pubblici per la ricerca, diminuiti di 2 miliardi tra il 2007 e il 2016. E anche la spesa pubblica per il settore dell’istruzione universitaria è ferma allo 0,4% del Pil, al di sotto della media europea dello 0,7%.
La situazione “appare leggermente migliore” sul fronte della ricerca nelle imprese, che è cresciuta nell’ultimo decennio, ma rimane al livello dello 0,75% del Pil, molto inferiore all’1,5% e al 2% di Francia e Germania. Malgrado ciò “l’Italia scopre e innova, grazie alla creatività e al talento dei suoi scienziati, tecnologi e imprenditori”, evidenziano i Lincei chiedendosi però “quanto potrà durare tutto questo nel contesto delle attuali trasformazioni tecnologiche”. Il dibattito degli accademici parte dal Rio country report sull’Italia promosso dal Joint Research Centre della Commissione europea, che analizza ogni anno i problemi e le politiche dei Paesi della Ue su ricerca e innovazione e dai lavori di approfondimento ad esso collegati.
“Il quadro internazionale mostra che l’Italia presenta un ritardo strutturale nei confronti dei maggiori Paesi europei, a cui si sommano gli effetti di un decennio di crisi. Alcune iniziative di reazione sono in corso che però risultano ancora deboli”, afferma l’Accademia dei Lincei guidata da Alberto Quadrio Curzio, che domani aprirà il brainstorming insieme all’economista Mario Pianta.
Gli accademici riconoscono le politiche per ricerca e innovazione e ricordano che “sono stati introdotti negli ultimi anni incentivi fiscali alle imprese per le attività di R&S”, ma ritengono che “tutto ciò non basta anche perché manca sistema di governo della R&S che potrebbe essere rafforzato da una regìa unica presso la Presidenza del Consiglio che dovrebbe coordinare l’azione dei vari enti di ricerca dove vi sono delle eccellenze che non sfruttano le sinergie di un sistema nazionale”.
Il contesto europeo sulla ricerca e innovazione è caratterizzato dal dibattito sugli ultimi anni del programma di ricerca ‘Horizon 2020’. La visione per il futuro, spiega l’Accademia, è stata proposta dal Rapporto Lamy Lab-Fab-App. Investing in the European future we want della Commissione europea, che chiede di raddoppiare il bilancio europeo per ricerca e innovazione dopo il 2020 e di dare la priorità alla ricerca, anche universitaria, in grado di produrre direttamente innovazioni nelle imprese.