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Salute: lo studio, il luogo dove si vive influisce sul rischio cuore

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Roma, 9 gen. (AdnKronos Salute) – Esattamente come sul prezzo di acquisto di una casa, la ‘location’ della propria residenza influisce anche – e molto – sul rischio di malattie del cuore. E’ il tema centrale di un rapporto pubblicato su ‘Circulation’, la rivista dell’American Heart Association, secondo cui quasi il 5% del rischio di insufficienza cardiaca può essere collegato al tipo di quartiere in cui si vive. E chiaramente a essere rilevante è se poco o molto inquinato.
“Quello che abbiamo rilevato – spiega Loren Lipworth del Vanderbilt University Medical Center, co-autore senior dello studio – è una prova che suggerisce come le caratteristiche del proprio luogo di residenza giochino un ruolo significativo nell’influenzare le chance di incorrere in una insufficienza cardiaca. Addirittura al di sopra del preesistente rischio cardiovascolare e di indicatori socioeconomici come il reddito individuale e il livello di istruzione”.
Lo studio ha confrontato i dati sulla deprivazione socioeconomica (una raccolta di variabili relative al quartiere di residenza, al livello di ricchezza, all’istruzione e all’occupazione) con i tassi di scompenso cardiaco di 27.078 persone di mezza età degli Stati del sud-est, coinvolte nel Southern Community Cohort Study che ha arruolato una fascia poco abbiente di americani: più del 50% dei partecipanti viveva in quartieri svantaggiati; il 70% guadagnava meno di 15.000 dollari all’anno; quasi il 39% non aveva il diploma e il 44% era obeso.
Durante i 5 anni di follow-up, a ben 4.300 partecipanti è stata diagnosticata una insufficienza cardiaca. Gli scienziati hanno calcolato che, al peggioramento degli indicatori (in particolare nel passaggio da una categoria all’altra), il rischio di problemi cardiaci aumentava del 12%. E che il 4,8% del pericolo di insufficienza può essere spiegato legandolo al luogo di residenza. A saltare agli occhi degli studiosi è stata dunque la fortissima influenza dell’ambiente in cui si vive sulla chance di ammalarsi.
“La sorpresa è stata rilevare l’entità di tale influenza”, afferma Deepak Gupta, co-autore del lavoro. Un’entità contro la quale potrebbero non bastare gli interventi per ridurre i fattori di rischio tradizionali come l’ipertensione, il diabete e l’obesità, avvertono gli esperti. “Speriamo che i nostri risultati possano motivare i decisori politici a prestare attenzione al problema”, concludono.