Circa 2,4 milioni di persone potrebbero perdere la vita in Europa, Nord America e Australia nel periodo 2015-2050, a causa della resistenza agli antibiotici, una vera e propria bomba a orologeria pronta a esplodere in tutto il mondo.

Ma sarebbero Italia, Grecia e Portogallo a collocarsi ai primi posti tra i Paesi dell’Ocse per i più alti tassi di decesso.

La quota di infezioni in Italia infatti è cresciuta a una percentuale quasi doppia rispetto alla media Ocse (dal 17% del 2005 al 30% del 2015).

Nel mirino degli studiosi l’uso inappropriato e smodato degli antibiotici.

Il problema non è legato al farmaco quindi ma all’uso inappropriato che se ne facciamo.

Attualmente sono in commercio 750 antimicrobici di cui 268 inseriti dall’Oms nella lista dei medicinali essenziali.

L’antibiotico va usato sotto stretto controllo medico e in caso di effettiva necessità.

Lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici ha certamente rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ritenute in passato incurabili.

Tuttavia, la comparsa di resistenze agli antibiotici è molto più veloce dello sviluppo di nuove molecole da parte delle industrie farmaceutiche.

Risulta oggi fondamentale un approccio “one health”, che non si limiti alla sola salute umana o animale ma promuova interventi coordinati nei diversi ambiti, inclusa l’agricoltura e l’ambiente.