L’orto dell’Abate di Ruoti
Getta il seme e spera in Dio ( detto medievale)
L’Abbazia di Ruoti fu fondata dai monaci benedettini e rispondeva alla Regola la quale sanciva:<<il monastero deve essere costruito in guisa che abbia nel suo ambito tutte le cose necessarie e cioè l’acqua, l’orto, il forno, le officine così che i monaci non siano costretti ad andar vagando fuori, perché ciò non è opportuno all’anime loro>>. L’orto quindi era ritenuto uno dei punti cardine dell’organizzazione monastica ed esso si adattava a ragioni pratiche ed estetiche, sulla base di esigenze religiose e sociali. Il motto benedettino ORA ET LABORA comprendeva di fatto questi due aspetti. Le attività legate al monaco attivo (LABORA) consentirono progressi sperimentali di alta tecnologia che ebbero una inestimabile ricaduta sociale. Egli infatti doveva seguire diversi aspetti dell’attività produttiva come ad esempio la sistemazione dei terreni, la progettazione di opere idrauliche, la diffusione di nuove tecniche colturali, l’introduzione di piante alimentari e officinali.
L’orto medioevale era strutturato in modo da poter raggiungere i migliori risultati sia quantitativi che qualitativi: non aveva grandi dimensioni, era ben concimato, annaffiato , collocato vicino alle abitazioni e curato prevalentemente dalle donne.
L’orto era di due specie : l’HORTUS SANITATIS che comprendeva le piante medicinali; l’HORTUS HOLERORUM che comprendeva gli ortaggi ( HOLERA) di due categorie HERBES e RADICES a seconda che la loro parte commestibile si sviluppasse al di sopra o al di sotto della terra.
Il CAPITULARE DE VILLIS ( al tempo di Carlo Magno) cita venti ortaggi: cocomero, melone, zucca ( diversa da quella conosciuta attualmente, più simile alle nostre ornamentali), lattuga, finocchio, invidia, bietola, malva, carota, pastinaca, bietolone, blito capitato, cavolo rapa, cavolo, cipolletta, porro, ravanello, scalogno, cipolla, aglio.
Sempre nel CAPITULARE abbiamo le piante che possiamo definire officinali: giglio, rosa, fieno greco, costo, salvia, ruta, abrostano, cumino, rosmarino, carvi, scilla, giaggiolo, dragoncello, anice, coloquintide, girasole, bisnaga, seseli, nigella, ruchetta, nasturzio, bardana, mentuccia, macerone, prezzemolo, sedano, levistico, sabina, aneto, dittamo, senape, santoreggia, menta acquatica, mentastro, tanaceto, nepeta, centaurea, papavero, asaro, altea, cipollina, coriandolo, cerfoglio, catapuzia, scalarea. Molte di queste sono impiegate anche in cucina per aromatizzare i cibi.
Gli alimenti vegetali, da consumarsi freschi o da conservare ottenuti dagli orti di Badia a Ruoti erano principalmente: aglio, sedano, cipolla, bietola, blito, lattuga.
Il cavolo in particolare ha contribuito a sostenere le popolazioni medievali ed è considerato Il <re degli erbaggi> perché < da solo o con la cipolla è bastevole a se stesso> costituendo un piatto completo essendo la base di zuppe familiari, in città come in campagna.
Specialissimo tra gli ortaggi, il ruolo della rapa: secondo molti studiosi essa aveva il posto attualmente occupato dalla patata. L’importanza singolare e unica che ebbe la rapa nel Medioevo è testimoniata dalla sua presenza a livello iconografico. In molti cicli dei mesi (tema caro alla scultura romanica) dove vengono riprodotte le fondamentali operazioni agricole nel corso dell’anno, per il mese di novembre viene rappresentata la scena della raccolta delle rape ( per esempio nel portale mediano di Santa Maria della Pieve di Arezzo).
Per quanto riguarda le piante medicinali e il loro uso curativo si fa riferimento al REGIMEN SANITATIS della Scuola Medica Salentina, scuola di fama mondiale tra il 1100 e il 1200. Ecco ad esempio le proprietà attribuite ad alcune specie aromatiche tra le più comuni:
ROSMARINO: aiutalo lo stomaco nell’attività digestiva, toglie le sofferenze del tenesmo, i fiori inebriano e il profumo ristora le membra. Nel medioevo il rosmarino era chiamato PIANTA DELLA PASSIONE perché si pensava fiorisse il giorno della Passione di Cristo: tale riferimento non era certamente irrispettoso nei riguardi del Cristo morente perché con la sua fioritura si annunciava la Resurrezione. Infatti, sempre secondo la tradizione, questa specie sarebbe stata impregnata dagli umori-odori del Cristo dal giorno della sua nascita, quando Maria vi mise ad asciugare i panni del Bambino nato nella notte.
SALVIA: Perché muore l’uomo al quale cresce la salvia nell’orto? Perché contro la forza della morte non c’è medicina negli orti. La salvia ristora i nervi, toglie il tremore delle mani e per opera sua la febbre alta svanisce. Salvia salvatrice, consolatrice della natura? La salvia ti mantiene sano di testa e te la fa come quella di Adriano ( imperatore romano ben noto per la sua memoria e intelligenza). Addirittura viene citata nel DE SECRETIS MNULIERUM come un efficientissimo anticoncezionale. Dalla salvia si faceva una bevanda (BONO POTIO) che si diceva diminuisse i bollenti spiriti.
PREZZEMOLO: si credeva che favorisse l’emissione degli umori da tutto il corpo, della testa e della Vulva; se un individuo era preso da convulsioni si doveva preparare un decotto facendo cuocere il succo con aceto o olio di rosa o violetta e si doveva spalmare sulla testa rasata.
BASILICO: è nemico degli occhi e dello stomaco ma sana dalle punture velenose, scaccia i cattivi pensieri, rallegra l’umore, stimola l’attività intellettuale e sessuale.
ZAFFERANO: si dice che tonifichi le membra portando buon umore e risanando il fegato; aggiunto ai cibi toglie i cattivi odori e allontana il desiderio d’amore.
RUTA: è celebre perché rende acuta la vista– con l’aiuto della ruta uomo cisposo avrai la vista acuta-
La ruta fresca mangiata cruda purga gli occhi dall’affuscamento; affossa il desiderio sessuale negli uomini e lo aumenta nelle donne. La ruta ti rende casto, ti da acutezza mentale e ti infonde furbizia.
Cotta si pensava liberasse le case dalle pulci. Per questa ragione era molto diffusa nei giardini monastici e da questi passò a quelli profani: come vermifugo e, se somministrata in forti dosi, per le sue proprietà abortive.