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“Mi sono rinchiuso emotivamente”: il racconto di un professore non vaccinato di Arezzo

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“Mi sono rinchiuso emotivamente”: il racconto di un professore non vaccinato di Arezzo
In foto il prof. Capasso: prima della sospensione doveva portare sia mascherina che visiera

di Andrea Giustini

Quella dei professori non vaccinati era e rimane una categoria in ombra. Alcuni racconti delle situazioni createsi dentro le scuole dopo il 1° aprile 2022 sono riusciti ad emergere. Ma molti altri, per negligenza, paura o indifferenza, no. Nei mesi scorsi ArezzoWeb Informa aveva avuto la possibilità di ascoltare Enzo Spatola, docente dell’ITIS Galileo Galilei. Recentemente però un altro professore, Dario Capasso, ha contattato la Redazione. Anche lui ha deciso di raccontare la sua esperienza di questi mesi, per far capire cosa significa essere un professore non vaccinato o, come spregiativamente si sente più spesso dire, “no vax”. 

Il professor Capasso è docente all’Istituto Buonarroti-Fossombroni di Arezzo, ma non è di ruolo: «Sono un insegnante precario», spiega alla Redazione. Il 9 settembre 2021 aveva firmato per l’incarico annuale come insegnante dei laboratori di Informatica Gestionale per 18 ore settimanali. In ottobre aveva sottoscritto anche il contratto per 2 ore aggiuntive di Informatica Applicata al biennio. La sua storia non è quella di un ideologico “renitente alla leva”, ma di una persona che voleva procedere con cautela alla vaccinazione, a causa di problemi verificatisi in passato. Da bambino aveva subìto uno shock anafilattico legato al vaccino antitetanico e per questo motivo, nel caso di quello contro il covid-19, era stato inizialmente messo in atto un differimento vaccinale. Inoltre, durante tutti questi mesi, il docente ha continuato ad eseguire ulteriori accertamenti clinici. «Qualche settimana fa è emerso che ho una mutazione genetica non comune, che mi predispone a rischi cardiovascolari e eventi trombotici: adesso quindi potrei anche ottenere l’esenzione vaccinale». 

La sospensione subìta il 10 febbraio fu un fulmine a ciel sereno. «Quando mi recai all’hub vaccinale il 30 dicembre del ‘21 il medico vaccinatore, vista l’anamnesi, decise di disporre la vaccinazione in ambiente protetto presso il primo reparto di rianimazione disponibile dell’Asl Toscana Sud-est. Ero, quindi, in attesa di convocazione da parte dell’ospedale. Tuttavia mi venivano fatte pressioni dalla dirigenza della scuola: non ne capivano il motivo e ritenevano che stessi “procastinando” la vaccinazione». La convocazione dell’ospedale fu fissata per il 2 febbraio ma, a causa di un malore protrattosi fino al 9, il docente dovette presentare una nuova richiesta di prenotazione. A quel punto la scuola decise di attuare la sospensione. «Ero totalmente all’oscuro delle intenzioni del dirigente scolastico. Nonostante io avessi un differimento vaccinale e, per il malore, avessi mandato una nuova richiesta di prenotazione, fui comunque sospeso. Ritengo la decisione del tutto arbitraria: per questo ho adìto al Tar della Toscana impugnando la mia sospensione. Il 10 maggio ho poi ritenuto opportuno intraprendere anche altre iniziative legali, a tutela dei miei diritti». 

Dopo la revoca della sospensione, avvenuta a fine marzo, per il professore è iniziata la fase da docente “demansionato”, come la descrive, che durerà ancora, almeno fino al 15 giugno. «Da quando sono tornato a scuola non ho più grandi contatti col mondo esterno perché sono relegato in un’aula, inizialmente adibita allo sdoppiamento. Mi sono rinchiuso emotivamente. Non nascondo che, spesso, per evitare che i ragazzi entrino in quest’aula mi chiudo a chiave. Sono l’unico docente della scuola in queste condizioni». Una “chiusura a chiave” quella imposta dalle nuove mansioni che è dovuta anche all’accoglienza riservata dagli altri colleghi docenti. «I primi tempi non avevo percepito avversione da parte loro».

«Successivamente, in seguito al formarsi di un gruppo di protesta spontaneo a sostegno del Vice-preside per un episodio capitatogli, ho capito che il mio contributo era malvisto da alcuni colleghi ed ho dovuto affrontare anche attacchi frontali davvero di cattivo gusto. Inoltre, in seguito ad alcune occasioni in cui l’aula a cui ero stato adibito veniva impegnata da altri colleghi per i corsi di alternativa all’IRC, capitava che mi dovessi spostare in sala insegnanti. Questo, come venni a sapere da un’impiegata, suscitò lamentele da parte degli altri docenti che non vedevano di buon occhio il fatto che io fossi lì insieme agli altri colleghi. Nella proposta di contratto con mansioni diverse dall’insegnamento, sottopostami i primi di maggio dalla presidenza, è stato poi disposto nero su bianco il divieto di spostarmi dall’aula assegnatami: non posso andare in sala insegnanti né da nessun’altra parte. Questo proprio in seguito alle doglianze». Il professore è arrivato a evitare di proposito di frequentare anche gli spazi comuni ammessi, per paura di incorrere in problemi o discussioni. «All’interno della scuola c’è un angolo bar, a cui delle volte accedo. Ma cerco di uscire solo in orari dove c’è meno affluenza. Ferito da quei comportamenti e quelle lamentele, cerco di evitare il contatto con gli altri. E’ diventato anche un auto-detrimento». 

Ma il punto più importante è forse l’impressione che le nuove mansioni imposte vadano a intaccare la dignità professionale. «Le nuove disposizioni vanno a svilire la mia funzione di docente, perché io non ho contatto alcuno con i ragazzi. Mi è stato anche tolto l’accesso al registro docenti: non posso visionare ciò che viene fatto dai miei colleghi, non posso leggere le comunicazioni riservate ai docenti, i verbali dei dipartimenti e dei consigli di classe. Non ho più accesso a nessuna di queste informazioni. Sono stato demansionato: so che il termine è scomodo ma nei fatti è così. Questi sono documenti pubblici, e il registro elettronico è l’unico mezzo per attestare la presenza in servizio. Invece a me è stato rilasciato un cartellino marca tempo dello stesso tipo del personale non docente, attraverso un atto di forza». 

Il professore aveva provato almeno a riavere l’incarico di tutor per i percorsi di alternanza scuola – lavoro di una sua terza classe: «Avevo letto che il dirigente scolastico aveva intenzione di adibire il personale non vaccinato a incarichi di rendicontazione dei progetti di alternanza scuola lavoro, e così mi ero proposto anche per riavere la mansione già svolta. Avevo quindi fatto una richiesta scritta ma mi è stato risposto che a causa delle normative, per evitare il contatto con gli alunni, mi veniva sospeso anche quell’incarico. Nonostante avessi fatto notare che questo avrebbe potuto essere svolto anche a distanza, non c’è stato niente da fare. Dato che insistevo, insieme alla coordinatrice di classe ed alle docenti di sostegno, il dirigente si è sentito in dovere di interpellare l’avvocatura dello stato e questa ha infine dato parere favorevole, dicendo che il tutor scolastico può essere anche non presente in azienda e seguire a distanza i ragazzi». 

Dopo la comunicazione del nuovo contratto i primi di maggio, che il professore, è bene dirlo, aveva formalmente rigettato con una diffida poiché basato su fonti, le note ministeriali, di rango meramente amministrativo, non c’è più stata alcuna occasione di confronto fra lui e il dirigente scolastico: né personale né scritta. «Mi ignora completamente, come se non esistessi».