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Nessuno ne parla di Patricia Lockwood

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Nessuno ne parla di Patricia Lockwood


a cura di Roberto Fiorini

Irriverente e sincero, struggente e deliziosamente profano, frammentario e onnisciente, scritto da una poetessa come Patricia Lockwood  – una delle voci più originali del nostro tempo – Nessuno ne parla edito da Mondadori con la traduzione di Manuela Faimali è insieme un omaggio pieno di passione all’infinito scrolling, una potente meditazione sull’amore e una riflessione sul valore delle relazioni umane e sulle insidie dei social media”.
Patricia Lockwood è una poetessa, romanziera e saggista americana.
Figlia di una famiglia nomade statunitense, è nata in una roulotte nell’Indiana e cresciuta in tutte le peggiori città del Midwest.
Nessuno ne parla, pubblicato con il titolo originale Nobody is talking about this, è stato selezionato tra i finalisti del Booker Prize 2021, tra i finalisti del Women’s Prize for Fiction 2021 e Dylan Thomas Prize 2022.
Nel 2018 Patricia Lockwood aveva pubblicato un saggio intitolato How do we write now?
Un tentativo di fare i conti con il danno arrecato ad una mente creativa da anni di eccessiva esposizione a Internet.
Il racconto dei suoi sforzi per recuperare un po’ di spazio mentale dall’assurda infinita vorticosa vita online.
Se guardo un telefono come prima cosa, il telefono diventa il mio cervello per il giorno. Se apro Twitter, la prima cosa che vedo è il presidente degli Stati Uniti sopra una duna di sabbia mentre fa oscillare una mazza da golf. L’asino prenderà dimora nella mia mente” scriveva Patricia.
Il romanzo d’esordio è in qualche modo un tentativo più sostanziale di rispondere alla domanda posta dal saggio.
La sua protagonista senza nome è, riconoscibilmente, un’incarnazione romanzata della stessa voce dell’autrice, con gli stessi problemi di base.
Come Patricia Lockwood, questa giovane donna è una scrittrice famosa per i suoi tweet ed invitata nelle città di tutto il mondo per parlare della “nuova comunicazione, della nuova scia dell’informazione“.
La sua esistenza è ormai un’immersione totale nella navigazione online, nel nuovo linguaggio e negli usi e costumi di quello che lei chiama il portale.
Quando la incontriamo, il suo cinguettio “Può un cane essere gemello?” è diventato virale ed ha raggiunto un tale livello di condivisione tra gli adolescenti che moltissimi hanno postato emoji, foto, frasi, aforismi per commentarlo.
La giovane protagonista sta vivendo dentro la rete che per lei è la vita stessa: un luogo in cui è perennemente sospesa tra divertimento e orrore.
Nelle pagine iniziali, la conosciamo persa in un video di persone che vengono scaraventate fuori da una giostra di carnevale malfunzionante.
Nemmeno l’incombere di minacce esistenziali di enorme portata, il dilagare della precarietà economica, l’ascesa di un dittatore senza nome e un’epidemia di solitudine, è in grado di arrestare la valanga di immagini, dettagli e riferimenti che si accumulano per formare un paesaggio che è post-senso, post-ironia, post-tutto.
Siamo all’inferno?” si chiedono alcuni abitanti del portale.
Il romanzo è diviso in due parti, ciascuna composta da frammenti strettamente legati.
La prima metà è uno studio di un’esistenza particolarmente statica, una vita trascorsa a guardare nell’abisso ribollente del portale.
Siamo in compagnia di una persona con “vermi cerebrali” in piena regola – il termine preferito di Twitter per la condizione moralmente e cognitivamente degenerativa causata dal passare troppo tempo a pubblicare e leggere i post degli altri, “la maggior parte dei quali ha vermi cerebrali”.
Mentre la vita reale e la sua posta in gioco si scontrano con la crescente assurdità del portale, la protagonista si ritrova alle prese con un mondo che sembra contenere sia un’abbondanza di prove dell’esistenza di bontà, empatia e giustizia nell’universo, sia un diluvio di prove del contrario.
Patricia Lockwood è davvero una scrittrice di talento.
Le sue frasi sono spesso sorprendenti, la sua voce un perfetto melting pot di chiarezza poetica ed ironia.
Non è giusto però definire No One Is Talking About This un romanzo ironico.
C’è un’assenza d’aria che avvolge le parole che mi ha rammentato spesso di essere di fronte ad un romanzo da una lirica attenta ed affascinante.
Man mano che il romanzo procede, sembra incapace di essere serio e profondo ma non è affatto così.
Se questo libro ha un lettore ideale, potrebbero essere tantissimi internauti.
Quali sono le cose di cui nessuno parla in un mondo in cui è uso comune legittimare le nostre azioni e perfino le nostre vite attraverso la rete?
Forse le cose brutte della vita?
In fondo i social sono una vetrina dove si esibisce sempre e solo il meglio di noi stessi.
Le debolezze sono spesso associate alla vulnerabilità.
Patricia Lockwood ci racconta pagina dopo pagina che non è esattamente così, perché ormai in rete sono stati sdoganati anche dolori e debolezze, viene insomma pubblicato di tutto.
La giovane protagonista immersa nel frenetico mondo dei social media, narra in prima persona il proprio quotidiano dando vita a un flusso di pensieri talvolta difficile da seguire.
Poi improvviso accade qualche cosa.
La sorella scopre un grave problema di salute della bambina che sta per dare alla luce: la bambina è affetta dalla sindrome di Proteus, una malattia che provoca la crescita incontrollata di diverse parti del corpo.
Ecco forse una di quelle cose di cui nessuno parla.
Pagina dopo pagina le dimensioni di questa tragedia umana diventano più chiare, le cose diventano più complesse: il romanzo stesso inizia ad occuparsi seriamente del problema della mancanza di serietà e sobrietà, che si potrebbe sostenere essere tra i problemi più gravi del nostro tempo.
Il linguaggio del portale diventa improvvisamente inadeguato all’intimità della nuova realtà in cui si trova a vivere e relazionarsi la protagonista.
Il racconto ironico lascia il posto ad una trama più ricca e complessa, piena di dolore e bellezza.
Sebbene la protagonista non trascenda mai completamente dal suo auto-racchiudersi, e quindi solo fugacemente ci permette una visione chiara dei genitori del bambino – le persone a cui questa cosa terribile sta realmente accadendo – ci sono momenti di vera commozione, mentre descrive la piccola vita di sua nipote e il dolore della sua condizione.
Finalmente vengono create connessioni profonde: tra una coscienza contrastata e il mondo, tra il romanzo e i suoi lettori.
Arrivano infatti pagine di straziante tristezza, crude e autenticamente reali.
Forse le cose di cui nessuno parla non sono le cose brutte della vita.
Sono invece i pensieri legati a queste cose, perché è molto più difficile fare dei buoni pensieri piuttosto che delle buone azioni.
Troppo spesso ci illudiamo di vivere in rete quel mondo reale profondamente diverso e concreto che ci circonda, fino a farci perdere di vista i nostri obiettivi primari.
Anche questo è qualcosa di cui nessuno parla.