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Finanziaria e studi di settore: un pessimo risultato

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Finanziaria e studi di settore: un pessimo risultato

AREZZO – “Come se non bastasse il momento non proprio felice per l'economia, sono in arrivo ulteriori problemi per le imprese aretine: gli studi di settore che, applicati senza adeguata oculatezza ad imprese spesso in perdita o con ricavi limitati, rischiano di produrre ulteriori serie difficoltà all’economia del territorio”. A lanciare l’allarme è il Direttore Generale CNA Arezzo Giuseppe Ginepri che aggiunge: “se questi strumenti non saranno rapportati alla realtà produttiva, si innescheranno meccanismi penalizzanti che finiranno per aggravare una situazione congiunturale già di per sé molto preoccupante”.
Il Direttore CNA ci tiene a fare chiarezza: “le nostre obiezioni non riguardano le finalità degli studi: combattere l’evasione è un obiettivo condiviso da tutti. Se lo strumento avesse conservato la valenza originaria, sarebbe in sé positivo: gli studi nascono come strumenti statistici con funzione di segnalazione di situazioni di difformità di una specifica impresa rispetto allo standard dei ricavi del suo settore. Solo un termine di riferimento, quindi, che per diventare significativo di una situazione di effettiva irregolarità doveva disporre di riscontri oggettivi. Ma ora si sta andando oltre – osserva Giuseppe Ginepri – a chi non rientra negli studi di settore non basta la regolare tenuta della contabilità per essere al riparo dalle sanzioni. E’ assai difficile dimostrare che si è fuori dagli standard degli studi non perché si è evasori ma perché di fatto l’impresa ha avuto ricavi inferiori a quelli previsti dagli studi. Il dato statistico ha la meglio sulla realtà dell’impresa: gli imprenditori sono ‘obbligati’ ad avere quei determinati ricavi, per non incorrere in un accertamento su base presuntiva. Il percorso è semplice: basta determinare a tavolino quanto le imprese devono fatturare, e su quello tassarle, senza neanche scomodarsi ad andare a verificare la realtà oggettiva”. Esiste un organismo fondamentale a livello provinciale, che si chiama “Osservatorio Provinciale Studi di Settore”, composto da rappresentanti delle categorie economiche, ordini professionali e funzionari dell’Agenzia delle Entrate. CNA intende farsi portavoce tramite questo strumento delle problematiche relative ad alcuni settori in crisi che caratterizzano il nostro territorio.
Secondo CNA l’efficacia degli studi deve puntare sulla capacità di cogliere le differenziazioni tra le diverse filiere di imprese, individuando in modo selettivo i contribuenti che presentano palesi incoerenze tra situazione d’impresa e ricavi dichiarati. Non può che essere errata un’ipotesi di revisione sviluppata in riferimento a dati di contabilità nazionale che, per le loro caratteristiche di sintesi, non sono oggettivamente applicabili alla metodologia degli studi e che falserebbero, nel medio periodo, la loro rappresentatività rispetto alla realtà economica cui si riferiscono.
Inaccettabile risulta poi la previsione di “indicatori di normalità economica”, definiti in autonomia dall’amministrazione finanziaria e destinati ad essere retroattivamente applicati sugli studi già vigenti per il 2006. Secondo il Direttore CNA “si viola ancora una volta quel principio di confronto e di collaborazione tra categorie economiche e amministrazione finanziaria, che costituisce la filosofia di riferimento del Patto istitutivo degli studi”.
Scendendo sul terreno dei numeri, gli effetti attesi dagli interventi sugli studi di settore ammontano a circa 3,3 miliardi di euro per il 2007, 3,8 per il 2008, 4,9 per il 2009, il tutto accompagnato ad un forte inasprimento di controlli e sanzioni.
Ma il modo con cui viene utilizzato lo strumento studi di settore non è l’unico punto dolente: un altro è legato alle modalità di calcolo. Gli studi sono elaborati infatti sulla base dei dati delle sole imprese in attivo, ma poi vengono applicati a tutte le aziende, comprese quelle in perdita o in pareggio. “E’ una procedura che contrasta con la logica più elementare” – conclude Giuseppe Ginepri – Ragionare in questo modo nei confronti di settori già a bassa redditività ed in via di ristrutturazione significa contribuire a sferrare loro il colpo mortale”.