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Chiusura della stagione venatoria

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Al tramonto di mercoledì 31 gennaio si conclude la stagione di caccia 2006/07. I cacciatori italiani sono passati dai 2 milioni degli anni 1960 ai circa 800.000 di oggi, ed un’attività ormai oggetto del disprezzo della maggioranza degli Italiani, di nessun interesse per i giovani d’oggi, cerca di sopravvivere ai propri errori invocando assurde /deregulations/, anziché concorrere alla tutela del patrimonio faunistico.

I dati della stagione venatoria che volge alla fine attestano una sequenza impressionante di fatti di sangue in incidenti di caccia: 33 morti e 69 feriti per soli episodi correlati all’impiego di armi da fuoco e relative munizioni; tra questi 3 morti e 17 feriti sono cittadini non cacciatori, recatisi nei boschi o in campagna per altre attività, e rimaste vittime della caccia.

Anche l’alto numero di cacciatori colpiti da infarto nella zone di caccia mentre vagavano con armi cariche dimostra la frettolosità degli esami medici per il rinnovo delle licenze, e l’inadeguatezza del Decreto del Ministero Sanità del 28 aprile 1998 sui requisiti psicofisici per esercitare la caccia, che nulla prescrivono in caso di malattie cardiovascolari o propensione all’alcolismo.

Non è garantito che maggior rigore venga prestato al preliminare accertamento di turbe psichiche, questo obbligatorio, a fronte di diverse tragedie avvenute nel 2006 connesse all’uso a fini di violenza privata di armi da caccia.

L’insufficienza dell’attività di vigilanza non riesce ancora a contrastare alcune grandi sacche di bracconaggio, come nella provincia di Brescia, nei laghi costieri pugliesi, in Sardegna e nelle lagune venete, compreso in special modo il Delta del Po, ove abbonda l’esasperato uso dei proibiti richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, con conseguenti mattanze di decine di migliaia di uccelli acquatici.

Nell’Italia delle sbandierate “liberalizzazioni” un proprietario di un terreno non è libero di impedire l’accesso dei cacciatori al loro interno: l’articolo 842 del Codice Civile vieta al proprietario di un fondo rurale di negare al cacciatore l’accesso nei propri terreni, a meno che i terreni stessi non siano costosamente recintati nei modi di legge (attualmente recinzione non inferiore ad un metro e 20 centimetri).* *Una vessazione nata nel lontano 1923, quando si riteneva che agevolare la diffusione delle armi da caccia concorresse alla preparazione pre-militare degli Italiani……

Resta irrisolto il problema delle violazioni da parte di più della metà delle Regioni italiane della direttiva 79/409/CEE in materia di tutela dell’avifauna, con deroghe illegittime per cacciare specie protette come storni, passeri e fringuelli, che hanno attivato diverse procedure di infrazione da parte della Commissione UE (LAC, 30 gennaio).

Articlolo scritto da: abolizionecaccia.it