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Giornata Mondiale dell’Acqua

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ROMA – Solo negli ultimi anni in Italia si sono contate alluvioni nel 1993, 1994, 1998, 2000, 2002 e siccità nel 2001, 2003, 2005, 2006. Falde inquinate, discariche abusive, argini e dighe, prelievi abusivi, captazioni eccessive, canalizzazioni completano il drammatico quadro delle aggressioni a fiumi e acque dolci del Belpaese, sintetizzato in 9 casi simbolo lungo lo stivale nel Dossier “Acque 2007. L’emergenza siamo noi” presentato dal WWF in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua.

“Il futuro sarà senz’altro condizionato dai cambiamenti climatici, ma in Italia l’emergenza ha radici ben più profonde. Nel nostro Paese manca una visione delle molteplici funzioni del bene acqua: la protezione delle persone dai rischi per la sicurezza e per la salute (aspetto sociale), l’accesso efficiente alla risorsa da parte della popolazione e delle attività produttive (aspetto economico) e la conservazione della risorsa e il mantenimento delle funzioni ecologiche (aspetto ambientale e di equità intergenerazionale).” – dichiara Andrea Agapito Ludovici, responsabile Acque dolci del WWF Italia –“Assistiamo a una totale assenza di pianificazione a scala di bacino idrografico, aggravata sia da una lenta ma progressiva delegittimazione delle Autorità di Bacino a vantaggio delle Regioni che dalla diffusa vulnerabilità del territorio nazionale, martoriato dalle continue infrastrutturazione proposte lungo gli alvei fluviali che ne snaturano l’ecosistema aggravando gli effetti delle alluvioni.”

La risposta del Governo a questa situazione, purtroppo, è sostanzialmente di tipo infrastrutturale puntuale, come dimostra l’elenco di opere strategiche previsto dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare. Le più avanzate esperienze europee in materia di gestione delle acque, gli obblighi introdotti dalla Direttiva Quadro Acque e gli obiettivi di mitigazione degli impatti generati dai cambiamenti climatici sui nostri corpi d’acqua sono in antitesi e contraddizione con l’assenza di logiche integrate, interdisciplinari e partecipative, di alcuna valutazione a scala di bacino, che caratterizza l’azione del Governo italiano.
Il ricorso alla Protezione civile, quale organismo di coordinamento delle crisi idriche è divenuta la prassi, e con l’aumento inevitabile delle crisi verrà sempre più spesso chiamata a sopperire alla mancanza di pianificazione e gestione ordinaria. In Abruzzo, ad esempio, l’intero bacino dell’Aterno-Pescara, pari ad 1/3 dell’intera superficie della regione, è stato sottoposto a Commissariamento della Protezione Civile per l’emergenza ambientale.

Situazione complessa, da cui è possibile uscire attraverso una strategia in 4 passi che il WWF oggi ha inviato al Ministero dell’Ambiente accompagnata da dossier.
"La situazione è drammatica, ma oggi abbiamo un’opportunità per uscire da questa situazione: la Direttiva Quadro Acqua” – conclude Andrea Agapito Ludovici del WWF Italia – “Proponiamo perciò al Governo 4 passi per uscire da questa situazione: recepire ed applicare correttamente la Direttiva Quadro Acque, istituire una task-force di esperti per dare un contributo qualificato ai lavori del Common Implementation Strategy, promuovere il riordino delle competenze in tema di gestione della risorsa idrica, attualmente distribuite tra decine di Istituzioni (Ministeri, Regioni, Autorità di bacino, Regioni, Province, Comuni), enti (Consorzi di regolazione dei laghi, Gestori invasi artificiali, Bacini imbriferi Montani, Consorzi di Bonifica ed irrigazione), uffici e assessorati. Quarto passo, infine, il rilancio del ruolo delle Autorità di bacino e/o distrettuali per garantire il governo delle acque anche attraverso la ricomposizione dei “distretti di bacino”, con la funzione di coordinamento effettivo del ciclo dell’acqua pianificato attraverso Piani e Programmi che gli enti territoriali gestiscono e/o realizzano.

ACQUA SPRECATA
Le cause delle crisi idriche italiane sono “eccezionalmente croniche”, e aggravate dall’aumento dei consumi d’acqua, agli sprechi e i molteplici usi, spesso conflittuali.
Il consumo d'acqua pro capite nell’ultimo secolo è cresciuto ad un ritmo doppio rispetto al tasso di crescita della popolazione . Tuttavia, persino a fronte al rilevante incremento per uso personale, il consumo d'acqua nelle abitazioni e nelle città incide soltanto per il 10 % sul consumo totale. In Italia all’agricoltura viene attribuito un 46%, alle industrie manifatturiere il 17%, alla produzione idroelettrica il 19% e per le forniture pubbliche il 18%. Ma in Italia sono da considerare anche notevoli sprechi, conseguenza, ad esempio, della grave situazione delle reti di distribuzione dell’acqua; in alcuni Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) le perdite sono superiori al 55% (una perdita fisiologica è intorno ai 7-15%), con il caso limite è l’ATO di Avezzano in Abruzzo dove le perdite ufficiali sono pari al 77% dell’acqua immessa nelle reti. Infine, vi sono usi certamente non prioritari d’acqua come il crescente sfruttamento d’acqua per l’innevamento artificiale, che sull’intero arco alpino si stima intorno ai 90 milioni di metri cubi d’acqua annui (pari a quelli consumati annualmente da una città medio grande).

ACQUA RUBATA
A questi volumi vanno aggiunti gli abusi, che nel nostro paese stime prudenti indicano in circa 1,5 milioni di pozzi illegali, soprattutto concentrati nelle regioni centro – meridionali.

ACQUA STERILIZZATA
La situazione in cui versano gli ecosistemi acquatici e la loro biodiversità è spesso drammatica; è, infatti, negli ambienti fluviali, lacuali e nelle zone umide in genere dove vivono le specie animali e vegetali a maggior rischio in Italia. Delle 50 specie autoctone di pesci solo 3 o 4 possono essere considerate non a rischio, mentre tutte le altre, comprese le diverse specie endemiche (quali tra gli altri: Carpione del Garda, Carpione del Fibreno, Panzarolo, Ghiozzo di ruscello), sono da considerare, a diverso grado, in pericolo di estinzione. Ricordiamo che proprio la condizione della fauna ittica costituisce – assieme microrganismi acquatici – uno degli indispensabili elementi di qualità biologica che definiscono il buono stato di fiumi, laghi e acque di transizione, secondo quanto previsto dalla Direttiva Quadro Acque.

ACQUA CEMENTIFICATA
Il rilancio dell’approccio infrastrutturali, secondo il tradizionale approccio d’ingegneria idraulica, per la gestione dei corsi d’acqua, in questi ultimi tempi ha toccato l’apice nella riproposizione della navigabilità fluviale a scopo commerciale del Po. E’ stato, infatti, ripresentano il Piano SIMPO, un progetto degli anni ’60 che prevede la “bacinizzazione” (formazione di numerose conche di navigazione regolate), la “canalizzazione” (restringimento dell’alveo del fiume di circa la metà dell’attuale sezione) e l’abbassamento ulteriore del letto del fiume.
Rimane poi irrisolto il problema delle inutili, dannose e costose casse di espansione (enormi vasche di cemento collocate all’interno dell’alveo fluviale) che la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico intendono ostinatamente realizzare nel medio corso del Tagliamento, il tratto fluviale più naturale dell’intero arco alpino;

ACQUA INQUINATA
In alcune regioni la maggior parte dei punti di rilevamento per le analisi chimiche delle acque sotterranee risulta nelle classi “inquinato” o “fortemente inquinato” per la presenza di metalli pesanti e composti chimici pericolosi come il benzene, tricloroetilene, percloroetilene, ecc. In Abruzzo, una regione peraltro sulla carta non troppo antropizzata, l’Agenzia Regionale perla Tutela dell’Ambiente ha individuato ben 2820 siti che possono potenzialmente costituire fonti di inquinamento e su 108 punti d’acqua prossimi a questi siti ha evidenziato che ben il 72% ha almeno un parametro fuori legge. In Veneto l’ARPAV ha riscontrato la presenza di inquinanti quali Nitrati, Pesticidi, Composti Alifatici Alogenati Totali, Cromo VI, Solfati, Piombo, Nichel, Zinc in decine di punti di campionamento.