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Circa 130 pesticidi diversi nelle nostre acque

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Circa 130 pesticidi diversi nelle nostre acque

ROMA – Nelle acque italiane sono stati rinvenuti 131 pesticidi diversi. Lo ha reso noto l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ha pubblicato i dati sul monitoraggio nazionale dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque condotto nel 2006.

L’ISPRA, raccogliendo l’eredità dell’APAT, sta dando seguito ad un’attività, avviata nel 2003, di coordinamento del piano nazionale di monitoraggio dei prodotti fitosanitari (meglio noti come pesticidi) nelle acque, attività che coinvolge le Regioni e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, che effettuano le indagini sul territorio e trasmettono i dati all’Istituto, al quale è affidato un compito di indirizzo, di valutazione e di reporting delle informazioni.

I prodotti fitosanitari sono le sostanze utilizzate per la protezione delle piante. Essendo concepiti per combattere organismi nocivi per le produzioni agricole, sono potenzialmente pericolosi anche per gli organismi viventi in generale e per l’uomo. In Italia si impiegano circa 300 tipi di sostanze diverse, per un quantitativo complessivo di circa 150.000 tonnellate all’anno.

I dati relativi al 2006 mostrano una contaminazione diffusa nelle acque superficiali, dove è stata riscontrata nel 57,3% dei 1.123 punti di monitoraggio, nel 36,6% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti previsti dalla legge per le acque potabili. Nelle acque sotterranee, invece, sono risultati contaminati a diverso grado il 31,5% dei 2.280 punti totali di rilevamento, con il superamento dei limiti di potabilità nel 10,3% dei casi.

Nel 2006 sono 18 le regioni che hanno trasmesso i dati all’ISPRA. Sono stati monitorati complessivamente 3.403 punti, per un totale di 11.703 campioni e 439.305, con un buon incremento, rispetto agli anni precedenti, della copertura territoriale e della significatività delle indagini (per il 2005, ad esempio, le misure erano 282774).

Permangono peraltro sensibili differenze tra le varie regioni, sia per quanto riguarda l’estensione della rete di monitoraggio e la frequenza dei campionamenti, sia per quanto attiene al numero delle sostanze cercate.

I dati 2006 confermano e rendono più evidente uno stato di contaminazione già rilevato negli anni precedenti. Per alcune delle sostanze la contaminazione è molto diffusa e interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità di interventi di mitigazione dell’impatto.

Si ritrovano nelle acque tutte le tipologie di sostanze, ma gli erbicidi sono quelle più comunemente rinvenute, fatto spiegabile sia con la loro modalità di utilizzo, che può avvenire direttamente al suolo, sia con il periodo dei trattamenti, in genere concomitante con le precipitazioni meteoriche più intense, le quali, attraverso il ruscellamento e l’infiltrazione, ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei.

Tra le contaminazioni più diffuse vi è quella dovuta alla terbutilazina, utilizzata in particolare nella coltura del mais e del sorgo. La contaminazione è diffusa in tutta l’area padano-veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del centro-sud: è stata trovata nel 51,0% dei punti di campionamento delle acque superficiali e nel 15,8% di quelli delle acque sotterranee indagate.

Da segnalare ancora la presenza diffusa di atrazina, sostanza ormai da lungo tempo fuori commercio. Senza poter escludere casi di uso illegale, i dati e le valutazioni effettuate dimostrano che quello misurato è essenzialmente il residuo di una contaminazione storica, dovuta al forte utilizzo della sostanza nel passato, ad attestare il rilievo che deve essere dato alla considerazione della persistenza di questi prodotti nell’ambiente.

Una considerazione meritano le miscele di sostanze diverse. La loro presenza nei campioni analizzati (sono state rilevate fino a 18 sostanze diverse nelle acque superficiali e fino a 8 in quelle sotterranee) e le lacune conoscitive sui possibili effetti cumulativi che possono derivarne impongono una particolare cautela anche verso i livelli di contaminazione più bassa.

Da sottolineare l’importanza del piano nazionale di monitoraggio, che orientando le indagini sulle sostanze effettivamente utilizzate nel territorio e individuando le priorità in relazione ai potenziali rischi ambientali, ha posto le premesse per la razionalizzazione e l’armonizzazione dei programmi regionali di monitoraggio e ha consentito di avviare la realizzazione di un sistema nazionale di controllo e di gestione dell’informazione sulla presenza di pesticidi nelle acque.