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Quando Arezzo non era in Toscana

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Quando Arezzo non era in Toscana

AREZZO – Uno sguardo nuovo sulla storia di Arezzo, questo il tema della conferenza organizzata dal Dott. Pierluigi Rossi grazie alla disponibilità di Banca Etruria. Per conoscere le dinamiche finanziarie, i traffici commerciali, per rivedere i “soldi” di San Donato ritrovati nella piana di Campaldino, per incontrare i personaggi storici dell’Arezzo del XIII secolo, tutti sono invitati a partecipare venerdì 4 Aprile alle ore 17, alla Conferenza storica “Economia, Monete, Personaggi al tempo di Guglielmo Ubertini, Vescovo e Signore di Arezzo ( XIII secolo)”, che si terrà presso il Polo della Formazione di Banca Etruria, in Corso Italia 134.
Relatore, oltre al Dott. Pierluigi Rossi, sarà la Professoressa Franca Maria Vanni,una autorità storica e scientifica nella Numismatica Italiana.

Quel mattino di sabato 11 giugno 1289, giorno di San Barnaba, i soldati aretini entrarono in battaglia contro Firenze portando al collo la moneta di San Donato.
La piana di Campaldino ha restituito nel tempo queste monete ed oggi sono custodite nel museo medioevale della nostra città.
Erano soldi di argento, coniati dalla zecca del Vescovo Guglielmo Ubertini . Furono chiamati “ grossi” aretini. Ciascuna moneta pesava 2.30 grammi, composta per il 93 % di argento. Aveva la figura intera di San Donato nimbato ( circondato da aureola), in abiti vescovili, benedicente e con pastorale e al rovescio una croce patente (ad otto punte) con stelle.
Questo “ grosso” era stato coniato in una zecca ubicata all’interno delle mura duecentesche per volontà di Guglielmo Vescovo per risollevare l’economia della città e del territorio del libero Comune Aretino. Il “ grosso” fu usato nei rapporti economici tra Arezzo e le più importanti piazze commerciali adriatiche, dove i mercanti aretini, a causa delle continue guerre con Firenze e Siena avevano cercato di commerciare le loro mercanzie, mirando a creare i loro sbocchi commerciali alternativi alle piazze tirreniche.
Questo “ grosso” coniato attorno al 1250 fu chiamato anche “ agontano” perché venne usato nei commerci con Ancona, la Marca Anconetana, Rimini, la Romagna, Urbino. Arezzo fin dalla antichità ha guardato verso Oriente, durante il medioevo ha continuato ad avere un rapporto privilegiato con le terre orientali, guardando verso il Mare Adriatico. Una scelta strategica ed economica perché il contrasto con Firenze e Siena impediva efficienti e continui traffici commerciali con il Mare Tirreno. Fino a quando Arezzo ha mantenuto la sua indipendenza ha guardato sempre verso Oriente! La posizione geografica di Arezzo ha creato la sua fondazione circa tre mila anni fa, la sua storia ed economia, ma anche la sua decadenza durante il dominio fiorentino. La volontà di Guglielmo Ubertini di battere una moneta tutta aretina si basava su un progetto strategico di indipendenza economica e politica , forte del privilegio “jus cudendi” concesso alla Chiesa Aretina dall’ Imperatore Enrico III . La posizione geografica di Arezzo, lontano sia dal Mar Tirreno che dal mare Adriatico, condizionava il suo sviluppo economico in quegli anni del XIII secolo, impedendo ai mercanti aretini relazioni commerciali a vasto raggio, relegando di conseguenza l’economia della città ad una dimensione locale, troppo ristretta. La nuova moneta aveva quindi lo scopo di fornire ai mercanti aretini, alla economia della città di impostare libere ed autonome relazioni finanziarie. Una propria moneta dava autorevolezza al libero Comune di Arezzo. Fino alla coniazione del “ grosso” , Arezzo usava nei suoi commerci la lira pisana.
Firenze usava il suo “ fiorino” d’oro.
Guglielmo Ubertini aveva ben capito in quegli anni di scontro con Firenze, era in gioco la stessa indipendenza e libertà di Arezzo. Ormai il confronto definitivo con Firenze era inevitabile. Non fu solo uno scontro tra Guelfi e Ghibellini, di scolastica memoria. Fu sopratutto uno scontro economico tra Arezzo, ghibellina e Firenze, guelfa. Erano due mondi economici del tutto diversi. Arezzo venne sconfitta dapprima nell’economia e poi nella piana di Campaldino. Guglielmo Ubertini lo aveva capito per tempo e volle tentare il tutto per mantenere l’indipendenza politica ed economica di Arezzo con il battere una moneta tutta aretina, il “grosso agontano” per avere capacità commerciale e finanziaria nei rapporti commerciali e finanziari con le terre del mare Adriatico e di Ancona.
Il filo di cuoio che teneva la moneta di San Donato al collo dei soldati aretini uccisi a Campaldino è una pagina storica che racconta la volontà di una città, di un popolo e di una terra sconfitta dalla economia. Racconta il coraggio e il lavoro del popolo aretino.
La storia di Arezzo può essere letta anche attraverso le “sue” monete coniate in città.

Articlolo scritto da: Pier Luigi Rossi