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‘Soiree Cocteau’ con Federica Bognetti e Laura Croce

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‘Soiree Cocteau’ con Federica Bognetti e Laura Croce

AREZZO – Il tema dell'amore va in scena con "Soirée Cocteau" venerdì 28 marzo alle ore 21.15 al Teatro Comunale di Bucine. La Compagnia Teatro a Manovella presenta "La Voce Umana" e "Il Bell'indifferente" di Jean Cocteau, per la regia di Massimo Alì, con Federica Bognetti e Laura Croce.
Due atti unici. Due donne. Un solo tema. Un unico autore, il grande ed eclettico intellettuale francese Jean Cocteau, che ci racconta questo amore disperante e disperato.
Due dialoghi fitti dove nulla si dice davvero, tutto si intuisce in trasparenza, tra le tante parole che cadono leggere nella spazio del silenzio che assorda, rimandando a emozioni che a stento si contengono. Protagoniste due donne travolte da una passione cieca e distruttiva che intendono vivere fino in fondo. Senza scampo.

VOCE UMANA: Un racconto caratterizzato da una forte tensione poetica sul tema e sul dramma dell'amore nella sua qualità pura, nella sua assoluta prevedibilità. Nella Voce Umana si parla di un delitto, compiuto attraverso le parole e i silenzi che mascherano l'abbandono e la fine di un amore e di una vita. Una donna, al telefono, tenta invano di trattenere a sé il suo amante, che sta per sposare un'altra. Il monologo (non sentiamo le risposte dall'altro capo del filo) indaga nei sentimenti della protagonista e tratteggia la storia di un amore ormai finito.

IL BELL'INDIFFERENTE: C'è tutto il fascino terribile dell'amore in queste pagine di Cocteau: l'amore è passione, dolcezza e morte. Una follia che si traduce in azione scenica perché solo il teatro può celebrare l'intensità di quel delirio. Il Bell'indifferente appartiene a quel "Theatre de poche" che Cocteau scrisse tra gli anni '30 e '40: monologhi, canzoni composte ispirandosi alle grandi figure di artisti contemporanei, da Edith Piaf a Jean Marais, vere e proprie cronache teatrali della vita culturale del suo tempo.

Un monologo drammatico, una trama essenziale: una cantante si ritrova nella sua stanza d'albergo, sola, al termine di uno spettacolo e attende l'incontro con il suo uomo. La cieca passione che domina la protagonista la rende vittima di un continuo gioco di specchi deformanti. E' la solitudine di lei a dominare la scena, metafora della condizione straziante dell'uomo contemporaneo chi si scontra con la dolorosa, ma affascinante, indifferenza del mondo, rappresentato dall'amante.

"Questa è la chiave di lettura che ho scelto – racconta il regista Massimo Alì – Un Cocteau con la sua ironia, drammaticamente consapevole della realtà umana che sembra trovare, nella dolente solitudine dell'artista, una volta spente le luci della ribalta, la metafora più diretta per questo perdersi dell'uomo del 2000 tra le abbaglianti luci del progresso".