Home Cronaca Crisi in Grecia, a Washington tutti d’accordo: aiuti in fretta

Crisi in Grecia, a Washington tutti d’accordo: aiuti in fretta

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WASHINGTON – La crisi greca e i piani di intervento dello stato per salvare le banche in crisi sono state al centro degli incontri dei ministri delle Finanze del G20 a Washington per gli incontri di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Il giorno dopo la richiesta ufficiale di Atene di attuare il piano di salvataggio da 45 miliardi di euro, il ministro delle Finanze ellenico Giorgos Papacostantinou ha incassato l'incoraggiamento del segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner alle parti in causa (governo greco, Fondo Monetario e Unione Europea) "a muoversi rapidamente per mettere in atto un pacchetto di riforme profonde e un concreto sostegno finanziario" alla Grecia.
Del valore di un intervento rapido si è detto convinto anche il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, per il quale "se il piano che sarà concordato sarà forte e convincente, e di rapida attuazione, sarà certamente un fattore importante per convincere i mercati".
Quella di rassicurare i mercati (che osservano preoccupati le resistenze di Berlino, cui spetta la parte maggiore di aiuti ad Atene) sembra essere una delle priorità dei ministri dell'Eurozona presenti a Washington: il timore, neanche troppo velato, è quello di dover affrontare lunedì mattina una riapertura delle Borse con un effetto domino sulle altre economie 'sotto esame'. Un elenco nel quale, ha ribadito il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, non c'è l'Italia dal momento che le cifre fornite dal Fmi ''ci vedono messi sul debito pubblico a fianco della Germania e molto meglio di tanti altri grandi paesi, Stati Uniti compresi''. E questo, ha aggiunto il ministro, "oggettivamente è un merito del governo Berlusconi".
Ma al G20 sono anche andate in scena le divisioni sull'ipotesi di una tassa per le banche per coprire i costi degli interventi di salvataggio, stimati in 11 mila miliardi di dollari: interventi che hanno aggravato i deficit di bilancio delle principali economie (entro il 2015 saranno cresciuti del 40 per cento secondo il Fondo monetario internazionale) e i cui costi – esclusi gli importi già recuperati – sono stati pari al 2,7 per cento del prodotto interno lordo dei paesi del G20, con punte del 5,4 per cento in Gran Bretagna.
La soluzione è stata quella di chiedere al Fmi – che per primo aveva proposto l'idea – di studiare ulteriormente il problema. Il ministro delle Finanze canadese Jim Flaherty, che ha co-presieduto la conferenza stampa di chiusura, ha spiegato che "alcuni paesi sono favorevoli, altri paesi chiaramente non lo sono: tutto dipende se un paese ha dovuto usare denaro dei contribuenti per salvare le banche".
Della questione se ne riparlerà a giugno quando il Fondo sottoporrà un suo rapporto sull'argomento. Sul fronte degli 'interventisti' si sono confermati gli Stati Uniti che – per bocca di Geithner – hanno detto di voler andare avanti con il piano di "una tassa sul rischio" a carico delle banche. E' una decisione, ha detto il segretario al Tesoro, "necessaria e nel nostro interesse''.
Ma se la linea americana incassa il sostegno del Cancelliere dello Scacchiere britannico Alistair Darling per il quale "si stanno facendo progressi", il suo omologo brasiliano, Guido Mantega, ha espresso la contrarietà delle potenze emergenti del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) che dicono no all'ipotesi avanzata dal Fondo Monetario.
Sulla questione è intervenuto anche Draghi, che è anche presidente del Financial Stability Forum, sottolineando che per il G20, nel 2010 e 2011, deve essere una priorità la definizione degli standard sul capitale delle banche.
"Le tasse non possono sostituire la priorità chiave che è quella di rafforzare le richieste sul capitale e sulla liquidità del sistema bancario attraverso l'attuazione delle proposte di Basilea", ha detto Draghi in una lettera ai ministri del G20.

Articlolo scritto da: Adnkronos/Bloomberg