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Oliviero Beha al Giardino delle Idee ma non solo…

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Arezzo – Chiarelettere nasce nel maggio del 2007 come editore multimediale indipendente (libri, dvd, blog) con l’intento di creare uno spazio di informazione e di approfondimento libero, distante dall’influenza di partiti, associazioni, gruppi economici e religiosi.
Per questo, fin dall’inizio, ha avuto l’appoggio di tanti autori che lavorano in modo autonomo e che si sono identificati nel progetto di Chiarelettere: siano essi magistrati, giornalisti, professori, vignettisti, reporter, musicisti.

E sabato 28 agosto 2010 dalle ore 21.00 al Giardino delle Idee arriva la serata dedicata a grandi autori della casa editrice Chiarelettere:

OLIVIERO BEHA introduce il suo ultimo lavoro “Dopo di Lui il Diluvio”.

Fine corsa, si scende.

Siamo arrivati alla stazione di Weimar, Italia.

Si sta fermando il treno superveloce, la Freccia Rossa o Azzurra secondo le politiche cromatiche circostanti o più esattamente la Freccia Rotta del Paese, dopo cinque anni di Alta Velocità verso il peggio, in un’accelerazione che «non fa prigionieri» come diceva un eponimo di questo precipizio, Cesare Previti, tanti anni fa.

E invece soltanto cinque anni fa, precisamente nel giugno del 2005, Oliviero Beha scrisse per Rizzoli, un rapido pamphlet intitolato "Crescete & prostituitevi".

Già il titolo era tutto un programma.

Il sottotitolo era ancora più esplicativo: «In una Repubblica fondata sul denaro l’Italia di Berlusconi e di una sinistra in riparazione manda ai giovani un pessimo messaggio».
Cinque anni sono pochi, la durata di una «legislatura » esistenziale, una doccia lustrale per la storia.

Beha però non si limita a riproporre quel testo, solo modificato e aggiornato.

Era un trattatello sullo stato complessivo della morale individuale e dell’etica collettiva durante «il governo più stabile e duraturo » della storia della Repubblica italiana, con a capo «il miglior presidente da 150 anni» come Berlusconi si sarebbe successivamente autodefinito, con approssimazione presumo per difetto.

Questi cinque anni sono anche tanti, tantissimi perché sono stati micidiali per una spinta ulteriore, consequenziale e tremenda del degrado italiano, sufficientemente documentato persino da un’informazione condizionatissima e divisa a metà, in una sorta di maggioritario truffaldino della notizia.

O per Berlusconi o contro di lui.

Non per caso leggendo quel titolo ogni lettore non può fare a meno di evocare il precipizio della spaventosa crescita, sì, ma della corruzione, o le modalità correnti nella quotidianità nostrana, sì, ma della prostituzione in senso stretto e in senso lato.

Si volesse sorriderne perché, come sostiene il poeta, «l’allegria non è mai stupida» pur in questo contesto di macerie, si potrebbe facilmente sostenere che la realtà, la classe dirigente e una certa parte montante della società italiana hanno preso perversamente e inopinatamente alla lettera gli scritti di Beha.

Oliviero Beha quindi come un mandante, un «cattivo maestro», un inseminatore d’odio: «Crescete & Prostituitevi» come esortazione da seguire, come linea accettata e accertata di comportamento un po’ dappertutto.

La cronaca ne fa fede, e la pioggia di intercettazioni di questi anni picchia sui vetri delle nostre finestre, emotive e razionali.

E si vorrebbe quindi murare le finestre e azzerare la pioggia.

Così Beha decide di riprendere sinteticamente il cammino da dove lo avevo lasciato quel libretto/pamphlet, che tra l’altro ha subìto diverse peripezie censorie.

Un viaggio per definire una sorta di ricognizione morale ed etica, e quindi sociale, politica ed economica nelle sue varie sfaccettature allo specchio di questi cinque anni.

Fino allo stadio istituzionale in cui versiamo grazie ai colpi di mano e di legge del Cavaliere Inarrestabile.

Più o meno tema per tema “Dopo di Lui il Diluvio” prende lo spunto dal pamphlet di allora per considerarne gli sviluppi sempre sul piano che più interessano Beha, ossia ciò che è accaduto e sta accadendo «dentro di noi», la devastazione della nostra cosiddetta «Costituzione materiale» ben prima di quella formale su cui si regge la Repubblica nata dalla Resistenza e dall’antifascismo: la devastazione del nostro modo di intendere la vita e le sue priorità, la devastazione morale, etica, quindi politica di noi cittadini/elettori.
Una devastazione palese nella palude culturale in cui stiamo affondando ma descritta alla luce dei fatti di cui comunque bene o male in questo lustro siete stati messi al corrente: anche se solo parzialmente e quindi mai abbastanza, anche se senza essere minimamente forniti di uno strumento indispensabile: la lettura del mosaico composto dalle varie tessere che invece nessuno giustappone in una visione d’insieme.

Che sarebbe però fondamentale per approfondire i fatti, farsene un’opinione il più possibile completa e corretta, avvicinarli l’uno all’altro perché appunto l’insieme, tessera dopo tessera, acquisti un significato comprensibile e un senso credibile.

Senza associazioni di fatti e di idee non si va da nessuna parte, è come un’automobile di cui si conoscano solo il volante, o soltanto la frizione, o il freno, o le marce ecc.

Guidereste o viaggereste su un’automobile così?

Quindi sotto con una rapida incursione nell’Italia del 2010, senza inseguire la cronaca ma adoperandola, nella forma più accessibile possibile (in un capitolo rabbrividente sull’analfabetismo Beha spiega anche perché, tenetelo a mente), nel tentativo di avvicinarsi almeno all’essenziale.

Ecco, Oliviero Beha è convinto che questa possa essere una discreta bussola nella nebbia: il bisogno di essenziale, la necessità di farlo come «rimbalzare» dalla realtà impantanata nella palude (oggi aggiornata dalle cronache giudiziarie in «gelatina») di cui ormai parliamo e scriviamo da anni in tanti – ma evidentemente non abbastanza: per limiti di chi lo fa oppure per mancanza di ascolto o di comportamenti consequenziali un po’ di tutti, di chi non lo urla abbastanza chiaro o abbastanza forte, e dei destinatari troppo passivi di queste «grida».

E poi l’indispensabilità urgente di ricominciare a distinguere tra il necessario e il superfluo, l’orizzontale di superficie e il verticale della profondità in noi stessi.

E ancora lo stimolo ad andare oltre gli schematismi che ci imprigionano la vita, sempre più rozzi, sempre più imbarbariti in una recessione culturale che forse la storia si incaricherà di evidenziare con un respiro più lungo, oltre il quotidiano derby su Berlusconi, il Cavaliere Inarrestabile (perché improcessabile) che ormai da una generazione ci ammorba l’esistenza che mascheriamo da vita.

Siamo diventati nel frattempo «post-italiani», cioè un qualcosa privo di identità che si stenta a definire.

Beha lo anticipava con raccapriccio già allora, lo documenta oggi quasi da «cronista», inteso più che come giornalista direi come «testimone cronologico», da persona nel tempo «cronista» con lo stesso etimo del «tempo» che è trascorso da allora, cinque anni che ci hanno sconvolto.

Almeno, a parere di uno che appunto diacronicamente, «nel tempo», ha figli in senso proprio e ne tiene conto in senso metaforico ragionando sui giovani italiani, per quello che vede ogni giorno, per quello che non vede, per l’impatto che questa realtà (innegabile ma a quel che sembra distante dal sentire comune) di «crescita & prostituzione» ha o non ha su di noi.

Tutto ciò nel buio solo apparentemente illuminato del fondo del barile in cui ci troviamo.

Barile-Italia acquistato quasi del tutto da Berlusconi, nelle varie forme che Beha analizza con lucidità e che gli suggeriscono un Dopo di Lui, il diluvio, per un Re Solicello insieme tragico e buffonesco preceduto dal Re Sole e seguito dai Robespierre d’occasione.

Eppure questo «capolinea» al termine di una corsa acefala e distruttiva, con un count down forse alle ultime o penultime battute, può e deve essere anche un segnale di ripartenza.
Cambiando treno, capostazione, amministratore delegato della metafora, ma forse non solo, magari anche alla lettera giacché le Ferrovie marcano vistosamente la «modernità» di un ceto viaggiante ad Alta Velocità e di una massa di pendolari praticamente a piedi.

Una nuova classe dirigente sarebbe meglio per tutti.

Ma dov’è?

Se finisce per «autoconsunzione» quello che è diventato il Cavaliere Inarrestabile, nei due sensi, della giustizia e della dinamica verso il declino a sua volta apparentemente irrefrenabile, che cosa ci aspetta?

Rutelli e Montezemolo, due a caso, correi di questo declino?

Epperò spiragli di futuro a cercar bene per fortuna se ne intravedono, specie perché sembra impossibile grattare anche generazionalmente la gromma senza fare insieme qualcosa di leggermente più costruttivo.

Questo pamphlet prova a illuminarne qualche barlume cogliendo eventuali segnali di soglia o di vigilia di un cambiamento, come si dice «un po’ per celia un po’ per non morire ». Per mollare definitivamente forse c’è sempre tempo.

Giornalista di carta stampata, radio e tv, Oliviero Beha è autore teatrale e poeta. Ha firmato trasmissioni di successo (Radio Zorro, Radio a colori, Va’ pensiero). Editorialista de il Fatto Quotidiano, oggi collabora con il Tg3 come commentatore e realizza programmi per Rai Tre.

Tra i suoi libri più recenti ricordiamo: "Indagine sul calcio"(con A. Di Caro, Bur), "Italiopoli" (Chiarelettere), "Il paziente italiano" (Avagliano), "I nuovi mostri" (Chiarelettere) e il romanzo "Eros Terminal" (Garzanti).

Prevista anche la presentazione del Libro “DENTRO l’OPUS DEI – come funziona la Milizia di Dio” di Emanuela Provera con la partecipazione del prof. Tommaso dell’Era ex numerario.

Come vivono i numerari. La caccia alle vocazioni. I documenti “non ufficiali” occultati alla Chiesa. Il violento distacco dalla famiglia. La manipolazione delle coscienze. L’espropriazione dei beni. Il lavoro non retribuito. Questo libro nasce da un forum on-line privato e non accessibile. Qui per più di un anno si sono “incontrati” gli ex numerari italiani. Uomini e donne con grande sensibilità religiosa, in passato rapiti dalla “missione”: fare l’Opus Dei nel mondo. Storie italiane, da Milano a Palermo, da Roma a Bari. Raccontano di un nuovo integralismo che attraversa la nostra società: asili nido, centri sportivi, scuole, residenze universitarie… Tutto “bellissimo” e organizzato grazie alla potenza finanziaria dell’Opera. Piogge di fondi, anche dallo Stato. Così funziona la milizia di Dio voluta da Josemaría Escrivá De Balaguer.

E’ previsto infine un intervento telefonico di JACOPO FO che racconterà le 10 mosse per diventare Dio.