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La Basilicata produce tre volte i rifiuti della Campania.

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Roma, 21 mar. – (Adnkronos/Ign) – Le immagini dei rifiuti partenopei non hanno mancato di fare il giro del mondo. Ma le situazioni di luci ed ombre che ruotano intorno al settore dei rifiuti non riguardano solo la Regione Campania. La Basilicata, ad esempio, produce sette volte i rifiuti della Sicilia e tre volte quelli di Campania e Calabria. E all'appello nella regione mancano140mila tonnellate di scarti. Sono questi i dati del dossier presentato da Legambiente, nell'ambito del seminario 'Se la mafia non è un fenomeno della natura, la natura è un affare delle mafie'. Con il dossier l'associazione ambientalista sottolinea che "aggiorna i dati sulla produzione dei rifiuti industriali in Basilicata al 2008, guadagnando due anni rispetto all'ultimo censimento del Ministero dell'ambiente, fermo, con ingiustificabile ritardo, al 2006".
Un ritardo che il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, imputa al sistema cartaceo di raccolta dati e che,dal primo giugno, sarà sostituito a pieno regime dal Sistri, il Sistema elettronico di controllo che consente la tracciabilità dei rifiuti speciali e speciali pericolosi su tutto il territorio nazionale. Secondo il Rapporto, in Basilicata sono stati prodotti scarti pari a 600.335 tonnellate nel 2007 e a 553.349 tonnellate nel 2008. Un trend in crescita rispetto agli anni precedenti (+41% per i rifiuti non pericolosi e +148% per quelli speciali pericolosi), ma in linea con il quadro nazionale. "Cresce, invece, più della media nazionale -prosegue Legambiente- la produzione pro capite: +43% per i rifiuti speciali non pericolosi e + 150% per quelli speciali pericolosi.
E mancano ancora i dati relativi ai rifiuti da demolizione, cioè gli inerti, a oggi non disponibili". "L'analisi dei dati -afferma Marco De Biasi, presidente Legambiente Basilicata- sorprende soprattutto se messa a confronto con le altre regioni del sud: la Basilicata produce rifiuti industriali sette volte di più della Sicilia e tre volte di più della Calabria e della Campania". "Eppure, -aggiunge- la nostra regione non ha un sistema industriale tale da giustificare una differenza così marcata. Forse allora in Basilicata tutto si svolge alla luce del sole, e viene dichiarato ogni grammo di rifiuti prodotto, mentre nelle altre regioni non tutta la produzione finisce nei documenti ufficiali?".
Nonostante ciò, anche in Basilicata, comunque, i conti non tornano. "Così come accade a livello nazionale dove in un solo anno, il 2006, sono spariti dalla contabilità ufficiale ben 31 milioni di tonnellate di rifiuti industriali, in Basilicata -afferma Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente- ne sono scomparse circa 140 mila è lecito chiedersi che fine abbiano fatto e perchè siano sparite nel nulla. Questa domanda merita una risposta, nell'interesse di tutti i lucani". Una risposta che, sottolinea Legambiente, "appare ancor più urgente alla luce delle inchieste condotte su scala nazionale dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, che raccontano come spesso i 'rifiuti spariti' finiscano nel girone illegale: un affare di circa 7 miliardi di euro all'anno per i trafficanti di veleni". Quello che l'Associazione chiede, quindi, alle autorità competenti è di "aumentare i controlli e la trasparenza sui processi di gestione di questa tipologia di scorie, vista anche le difficoltà riscontrate da Legambiente nel reperire le informazioni utili alla stesura del dossier".
Lo studio si snoda anche attraverso i numeri e le storie dei Rapporti ecomafia di Legambiente, dal 1994 al 2010, ricostruendo i traffici illeciti di rifiuti che hanno investito la Basilicata: un excursus lungo 15 anni, alla scoperta dell'ecomafia lucana, tra piccole e grandi storie. "Seppure dai Rapporti non emergano chiari segnali di penetrazione mafiosa nel ciclo dei rifiuti -continua Fontana- tutte le autorità investigative, e da ultimo lo stesso Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, convergono su un possibile contagio della presenza mafiosa anche in questa regione". "C'è, dunque, il rischio concreto -dice ancora Fontana- che le mafie possano prima o poi sedersi anche al tavolo degli appalti pubblici per la gestione dei rifiuti urbani o nella stessa gestione privata di quelli speciali". "E' necessario -conclude De Biasi- recuperare il tempo perduto sul fronte dei controlli, costruendo un sistema regionale moderno ed efficiente, in grado di dare certezze e sicurezze ai cittadini. Bisogna fronteggiare il rischio di penetrazioni criminali e contribuire al recupero della fiducia dei lucani verso le Istituzioni, che dovrebbero rappresentare per tutti un valido baluardo a difesa della salute e dell'ambiente".

Articlolo scritto da: Adnkronos