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Madonna del Conforto:Omelia del Cardinale Paolo Romeo

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Madonna del Conforto:Omelia del Cardinale Paolo Romeo

Fratelli e sorelle amati dal Signore ed a me tutti ca-rissimi!
1. Desidero anzitutto dirvi la mia gioia profonda per trovarmi qui con voi a celebrare la festa della Madonna del Conforto, venerata con sincero amore dal popolo are-tino, come testimonia la vostra presenza così devota e numerosa in questa Cattedrale.
Saluto e ringrazio il vostro amatissimo Arcivesco-vo, Sua Eccellenza Mons. Riccardo Fontana, che da tem-po ha fatto “dolci pressioni” perché venissi a presiedere questa solenne celebrazione.
Ho accettato ben volentieri il suo invito: l’amicizia con Mons. Riccardo è per me un vincolo saldo sul quale è stato posto il sigillo di una profonda comunione sacerdo-tale ed episcopale nella quale da tanti anni il Signore ci ha voluti porre al servizio del Santo Padre, nella Chiesa.

L’affetto che nutro nei confronti di Mons. Riccardo si esprime nella preghiera affinché, come Padre e Pastore di questa nobile porzione di popolo santo di Dio che è in Arezzo-Cortona-Sansepolcro, egli possa sempre percorre-re con lo slancio, l’entusiasmo e la creatività che lo di-stinguono, quei cammini che lo Spirito intende suggerire e ispirare per il bene delle anime.

La comunione episcopale e presbiterale si rende oggi più visibile anche per la presenza dei confratelli Ve-scovi con i quali, negli anni del mio ministero come Rap-presentante Pontificio, ho rinsaldato profondi vincoli di amicizia e di fraternità. Ci sono anche i tanti presbiteri e religiosi che, così numerosi, hanno voluto condividere con noi questo momento di preghiera e di festa. Tutti ringrazio per la loro significativa presenza.
Il mio deferente saluto va anche alle gentili e di-stinte Autorità la cui corona, questa mattina, impreziosi-sce la nostra celebrazione, e fa percepire – lo auspichiamo sempre più e meglio – quell’unità di intenti e di prospetti-ve che – sia pure in ambiti diversi – la Chiesa e le Istitu-zioni devono saper possedere per promuovere il bene co-mune nel contesto di una reale e concreta salvezza inte-grale dell’uomo.
A tutta la Chiesa aretina, ricca di storia e di spiritua-lità, che quest’oggi ha la bontà di accogliermi con segni di affetto che mi commuovono, va il mio saluto e il mio in-coraggiamento perché cresca nella fede e nell’unità, spe-cialmente al servizio delle sue membra più bisognose e fragili, alle quali vogliamo oggi far sentire la nostra vici-nanza con la nostra preghiera.

2. “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consola-zione!” (2Cor 1,3)
Insieme all’apostolo Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, siamo qui per benedire il nostro Dio che consola, anzi che è la fonte di ogni consolazione.
Dio è non soltanto il “Padre del Signore nostro Ge-sù Cristo” (2Cor 1,3), ma anche il Padre di misericordia che “ci consola in ogni nostra tribolazione” (2Cor 1,4). Egli, cioè, non ci fa mancare mai la sua presenza amante e provvidente lungo il difficile cammino della vita.
Riconosciamo che questo è il cuore di tutta la storia della salvezza: le Scritture ci presentano sempre un Dio disposto a chinarsi sulle dolorose vicende umane, che si fa vicino alla sofferenza, che ascolta il grido dell’uomo op-presso dalla prova.
La manifestazione prodigiosa della Madonna del Conforto, di cui oggi facciamo memoria, deve essere letta all’interno di questa logica salvifica. La Chiesa aretina contempla le meraviglie di Dio e, per questo, non dimen-tica le radici spirituali da cui si sviluppa la sua esperienza di fede e di conversione: continua a camminare sui passi tracciati dai suoi padri che hanno saputo ascoltare e legge-re l’azione di Dio che si manifesta nella storia degli umili, in modo sorprendente, inaspettato rispetto al nostro ristret-to modo di pensare, sempre imperfetto e influenzato dalla nostra visione delle cose spesso materialista e priva di o-gni orizzonte religioso.

3. Tutti riandiamo con la mente e con il cuore a quei primi giorni del febbraio 1796 in cui Arezzo e il suo contado furono travagliati da ripetute scosse di terremoto, con grande costernazione del popolo, tanto da convincere le autorità cittadine ad indire pubbliche preghiere per chiedere a Dio la cessazione del flagello.
Come è ben noto, nel pomeriggio del 15 febbraio la Madonna dette una sorprendente risposta. In una cantina dell’Ospizio della Grancia, dei Padri camaldolesi, alcuni popolani pregavano davanti ad una semplicissima ripro-duzione in terracotta invetriata della Madonna di Proven-zano, per chiedere la cessazione delle scosse del terremo-to.
Fu allora che la sacra immagine, coperta d’un con-sistente strato di polvere e d’unto a causa del tempo e del-la trascuratezza, divenne improvvisamente pulita e splen-dente. Il terremoto cessò, e nei giorni seguenti tutti pron-tamente riconobbero nell’accaduto l’intervento miracolo-so della Vergine, che aveva confortato, consolato e soc-corso il popolo aretino.
Ed ecco che nella Festa della Madonna del Confor-to il popolo di Arezzo si rimette anche fisicamente in cammino di fronte alla Madre di Dio.

So bene con quanta cura sono stati organizzati in questi ultimi giorni i vari pellegrinaggi e le celebrazioni qui in Cattedrale dei gruppi di aretini che sono venuti a consacrare il loro cammino dinanzi alla Madonna, scio-gliendo voti e preghiere nella cappellina che è a lei dedi-cata, rinnovando così la loro identità spirituale, e ricono-scendosi coralmente come figli bisognosi della Madonna, invocata con il singolare titolo “del Conforto”.

Tutto questo non può che essere l’invito di una Ma-dre premurosa che desidera per i suoi figli il bene, che li invita alla conversione, che traccia il cammino della loro fede coerente e sincera. Ascoltiamo dunque questo invito! Non rimaniamo insensibili o superficiali!

4. Nella prima lettura, di questa festa tratta dal li-bro del profeta Isaia, c’è un solenne invito alla gioia e alla speranza. Dio promette la consolazione del ritorno in pa-tria all’antico popolo d’Israele, ma – alla stessa maniera – promette consolante futuro a quanti sperano in lui. “Ral-legratevi … esultate … sfavillate di gioia …”.

Le immagini di pace e di abbondanza si rincorrono nel testo ma una in particolare ci cattura: “Voi sarete al-lattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete acca-rezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi con-solerò” (cf. Is 66, 12-13). Per bocca del profeta Isaia il Si-gnore sceglie l’immagine della tenerezza materna per far comprendere la portata della sua promessa di bene.

Il tratto materno e consolante promesso da Dio è quello che ritroviamo oggi nella Madonna del Conforto. Continuiamo a vedere che alla Vergine Maria migliaia di aretini affidano le loro sofferenze, lo loro speranze, il loro cammino di fede e di vita.
Un’immagine piccola… Una rappresentazione semplice… Ma una devozione grande! Se questa sacra immagine potesse parlare e raccontarci quanti cuori si so-no aperti con fiducia a lei! Se potesse dirci quante lacrime di dolore o di pentimento ha visto sgorgare dagli occhi di questo popolo devoto!
Veniamo a Maria, oppressi non più dal terremoto fisico e dalla terra che trema, ma soprattutto preoccupati dai terremoti contemporanei di una crisi spirituale, mora-le, umana, economico-sociale che minaccia le basi e il fu-turo del nostro popolo e della nostra cultura. Dobbiamo riconoscere di trovarci in tempi che possono ipotecare il futuro della nostra fede, soprattutto quello trasmesso alle nuove generazioni.
Per questo, nella Vergine Santa dobbiamo vedere quella Madre che Gesù ha consegnato all’apostolo Gio-vanni ai piedi della croce: “Figlio, ecco tua madre” (cf. Gv 19,27). Come fece San Giovanni, il popolo aretino è chiamato a prendere Maria “con sé”, alla lettera “fra le sue cose”, a farla dimorare fra le sue case, nella vita di ogni giorno e non soltanto in questo solenne momento di festa.
Maria è il rimedio sicuro! Solo prendendo Maria con noi, nella nostra vita possiamo imparare da lei a spe-rare in un futuro più saldamente ancorato ai valori dell’uomo e alla dignità della persona umana, e più illu-minati dalla fede in Gesù Cristo, unico Salvatore e Reden-tore della nostra vita.

5. Perché prendere Maria “tra le nostre cose”?
In primo luogo perché ci è di esempio.
Ai piedi della croce, consolata dalla sua fede, Maria è rimasta, pur nel momento della sofferenza, vicina a Dio. Ha dunque fatto tesoro di questa esperienza, come afferma il Santo Padre Benedetto XVI“Per questo può essere la Madre di ogni consolazione e di ogni aiuto, una Madre alla quale in qualsiasi necessità chiunque può osare ri-volgersi nella propria debolezza e nel proprio peccato, perché ella ha comprensione per tutto ed è per tutti la for-za aperta della bontà creativa” (Benedetto XVI, S. Mes-sa, 8 dicembre 2005).
Unita a Cristo in tutto, persino nel difficile passag-gio del dolore, ella ci è vicina come nessun altro. E, in più, forte della Risurrezione del Figlio nella quale ha cre-duto e sperato, ha insegnato alla Chiesa nascente a sperare in un altro Consolatore, lo Spirito Santo promesso da Ge-sù ai suoi.
Accogliere la Vergine Maria “tra le nostre cose”, in mezzo a noi, significa però non soltanto averla vicina co-me Madre nei momenti di sconforto e di difficoltà, come Maestra di fede e di pazienza.
Così significa anche ascoltare da lei, come abbiamo sentito dal Vangelo delle “nozze di Cana”, lo stesso invito rivolto ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Tenere sguardo e cuore rivolti a Maria, portarla con noi fin dentro le problematiche delle nostre giornate non basta! Siamo invitati ad ascoltare la sua proposta decisa: fare tutto quello che dice e che vuole il suo Figlio Gesù. Accoglierne il Vangelo di salvezza ed accogliere il suo amore. Rinnovare la nostra fede e – solo in questa fede – ritrovare la nostra capacità di incidere nei nostri ambienti e nella nostra società con la forza di rinnovamento tipico del cristianesimo.

6. Dalla visita alla Madonna del Conforto, da questi giorni di festa e di pellegrinaggio, il popolo aretino deve ritornare a casa da una parte consolato per aver trovato una Madre tenerissima, ma, dall’altra, anche da lei sprona-to a non separare mai schizofrenicamente la fede dalla vi-ta, anzi a rendere una testimonianza forte e luminosa di-nanzi al mondo contemporaneo.

E ciò significherà andare controcorrente, specie di fronte a valori basilari: il rispetto della vita, dal suo nasce-re al suo naturale tramontare; e la dignità della famiglia, cellula fondamentale della società che ha la responsabilità di educare ai valori umani e civili e “piccola chiesa dome-stica”, luogo privilegiato della trasmissione della fede.

Maria ci chiede di guardare con speranza al futuro, senza ridurre né semplificare le problematicità del presen-te, ma impegnandoci ad accogliere il Cristo come fonte ed energia vitale del nostro agire.
La Madonna del Conforto diviene così anche Madre di coloro che, confortati, non cessano di impegnarsi, a tut-ti i livelli, per il Regno di Dio, promuovendo la giustizia, la solidarietà, la pacifica convivenza, tutte cifre significa-tive di un’autentica conversione.
La Vergine Santa ci insegna un abbandono fiducio-so nelle mani di Dio e nel suo Evangelo di luce. Ci inse-gna che in questo abbandono confidente sta la creatività del bene, il vero volto della libertà dell’uomo, la sua gran-dezza nel disegno della Creazione. Il conforto di Maria, indica al popolo aretino la sua vocazione divina, e non cessa di spronarlo perché lo Spirito ci plasmi sempre più come strumenti della costruzione del Regno di Dio in mezzo agli uomini.
E così sia.