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Giochi di carte in Toscana: dalle origini fino alle carte digitali

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Giochi di carte in Toscana: dalle origini fino alle carte digitali

I giochi di carte sono da secoli una tradizione in Toscana, forte anche ai nostri giorni. Non è un caso che uno dei successi editoriali degli ultimi anni, la Trilogia del BarLume del pisano Marco Malvaldi, giri intorno ad un gruppo di vecchietti toscani che si ritrova puntualmente al bar per giocare a briscola. La Toscana ha avuto infatti un ruolo importante nella diffusione dei giochi di carte, arrivati in epoche remote dall’oriente e tornati oggi sotto forma di giochi in formato digitale.

Le carte non sono una invenzione occidentale. Con ogni probabilità hanno avuto origine in Cina in tempi antichissimi, quasi cinquemila anni fa, quando i trigrammi (antenati dell’I Ching) venivano usati nell’arte di governo. È solo molti secoli dopo che le carte saranno usate, nella stessa Cina ed in altre parti dell’Asia, come fonte di ispirazione divinatoria e poi per divertimento. È in questo modo, con le carte usate per scopi più “leggeri” che queste iniziano a diffondersi anche in altre aree del globo, grazie ai commerci della Cina con il Medio Oriente e con l’Europa.

È solo nel Medioevo che si hanno le prime testimonianze delle carte da gioco in Europa ed anche in Toscana, questo perché dal XIII secolo in poi si hanno le prime ordinanze che, già all’epoca, proibivano i giochi di carte perché ritenuti immorali o illeciti, con sentenze spesso curiose. Risalgono infatti al Duecento una ordinanza francese che proibiva l’uso delle carte, pena la fustigazione, ed una inglese, che proibiva un particolare gioco di carte, pena la galera a vita.

In Toscana, un editto fiorentino del 1377 vietava l’uso delle carte mentre sedici anni dopo, un certo Giovanni Morelli di Firenze metteva in evidenza i rischi, anche morali, derivanti dal giocare a carte. È evidente quindi che i giochi di carte, già nella Toscana del Trecento, erano piuttosto diffusi tra la popolazione, al punto da scatenare editti e prese di posizione che all’epoca, in altre parti d’Europa, riguardavano addirittura il gioco degli scacchi.

Nel Quattrocento si diffonde poi in Toscana un particolare mazzo di 97 carte, il mazzo dei Germini, con cui si praticava l’omonimo gioco, divenuto noto in seguito come Minchiate. Nel Rinascimento il proibizionismo sembra essere superato e si arriva ad una situazione simile a quella attuale, in cui i giochi di carte sono tollerati, pagando una tassa sul gioco all’erario.

Poco più tardi iniziano a diffondersi anche in Toscana i mazzi con i “semi” che sostituiscono le figure e dal mazzo dei Germini si passerà al mazzo di 40 carte, attestato anche in una sentenza del ‘700 in cui un tale dal nome Vincenzio viene fermato perché trovato in possesso, tra le altre cose, di un “un mazzo di carte basse fiorentine di picche, e fiori, mattoni, e cuori in numero di quaranta”.

Insomma, bisogna farne di strada per arrivare alla libertà con cui si gioca ai giorni nostri, in cui ci si ritrova a Natale in famiglia a fare delle piccole puntate a sette e mezzo o mercante in fiera, con gli stessi giochi che si trovano adesso in formato digitale: il 7 e mezzo da oggi e’ online su William Hill Blackjack e la rivoluzione digitale ha portato con sé anche nuovi giochi, spesso mash-up di diverse tradizioni.

Uno spartiacque nell’accettazione sociale dei giochi è stata infatti la loro diffusione in massa, affiancata dalla nascita di una vera e propria industria della produzione e della commercializzazione delle carte da gioco. Quella che era una novità pericolosa secoli fa, è diventata una occasione di socializzazione, nelle feste di Natale o nei pomeriggi al bar, come fanno i vecchietti del BarLume di Malvaldi.