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Cnr, nutrire il pianeta con il frumento del futuro

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Milano, 4 giu. (AdnKronos) – ‘Il frumento per il futuro”. All’interno di Expo, il cui tema è ‘nutrire il
pianeta’, si è dibattuto sull’importanza di questo fondamentale prodotto agricolo e sui progressi della ricerca per la sicurezza alimentare per cercare di combattere la fame nel mondo. Promoso dal Cnr, il convegno ha visto la partecipazione di studiosi e tecnici del mondo agrario e dell’università provenienti dall’area del Mediterraneo. La ricerca applicata al frumento, è emerso durante il dibattito, coinvolge paesi e istituzioni diverse. Si rende quindi necessario un coordinamento globale per raggiungere in maniera efficiente gli obiettivi desiderati.
Attualmente i mais, il riso e il frumento forniscono il 60% delle calorie consumate per l’alimentazione dell’umanità. Con quasi 700
milioni di tonnellate prodotte ogni anno, oggi il frumento è la coltura più diffusa sul nostro pianeta. Le due principali specie coltivate sono il frumento tenero, che copre circa il 95% della produzione, e il frumento duro, utilizzato per la produzione della pasta e del couscous, che copre il rimanente 5%.
Le proiezioni indicano che il consumo di frumento continuerà a crescere nei prossimi anni, sopratutto per un aumento delle esigenze legate all’alimentazione umana. Da qui al 2050 la richiesta di frumento salirà del 60% e non sarà facile soddisfare queste crescenti richieste, sopratutto a causa degli effetti dovuti ai cambiamenti climatici in corso.
Una mano in questo senso la potrà dare senz’altro la ricerca. “Oggi -spiega Aldo Ceriotti del Cnr- viviamo molto più a lungo di quanto si viveva cinquant’anni fa e questo è anche dovuto al fatto che abbiamo una nutrizione migliore. Sicuramente gli alimenti che oggi noi consumiamo -aggiunge- sono alimenti molti più sicuri di quelli che venivano consumati un tempo. Tra l’altro, oggi c’è tutta una serie di controlli e di verifiche che garantiscono che sulle nostre tavole arrivino alimenti che possono essere consumati tranquillamente”.
Nel caso del frumento, prosegue l’esponente del Cnr “sono sempre più rigorosi i controlli per verificare l’assenza o la presenza sotto certi limiti di aflatossine, che sono estremamente pericolose e che vengono costantemente monitorate grazie anche agli strumenti analitici che oggi sono disponibili e che permettono in tempi rapidi e costi contenuti di verificare quale è la situazione di ogni partita di frumento che viene commercializzata”.
Ma cosa può fare la ricerca? “Grazie alla collaborazione tra il settore pubblico e quello privato oggi abbiamo nuovi strumenti nel settore della genomica, cioè nello studio dei genomi del dna delle piante, che permettono si identificare i singoli geni preposti alle funzioni che poi ci daranno una pianta migliorata anche come capacità produttiva”, spiega Roberto Tuberosa, dell’Università di Bologna.
“Sulla base di queste informazioni -sottolinea Tuberosa- possiamo oggi selezionare uno, due, tre, quattro o cinque dei centomila geni che compongono il genoma della pianta per ottenere poi quella nuova varietà che non è antagonista alle varietà antiche, anzi. Con questa nuova informazione -conclude Tuberosa- possiamo dare all’agricoltore un frumento che produca molto di più, consumando meno e addirittura a volte risparmiando acqua e fertilizzanti. Quindi con un minor impatto ambientale”.
Secondo Paolo De Castro, ex ministro alle politiche agricole dei governi D’Alema e Prodi, ora europarlamentare e membro della Commissione agricoltura “il tema della ricerca è fondamentale e per questo occorre tornare ad investire. C’è sempre più bisogno di prodotti alimentari -sottolinea- perchè la domanda alimentare nel mondo sta
crescendo a un tasso superiore rispetto all’offerta”.
“Questo -osserva De Castro- provoca squilibri e sicuramente il drammatico fenomeno della volatilità dei prezzi. Fenomeno che tanto preoccupa i nostri agricoltori”. Ecco quindi che si rende ancora più necessario si arrivi, al più presto, alla definizione del Ttip, cioè dell’accordo tra Stati Uniti ed Europa che regola tutti gli scambi di beni e di servizi.
Si tratta, spiega De Castro “di un accordo che riguarda circa un terzo del commercio mondiale perchè Stati Uniti e Europa scambiano circa 700 miliardi di euro di prodotti e servizi. Anche l’agroalimentare fa parte di questo pacchetto e siamo tutti in attesa del voto del congresso americano per sapere se l’amministrazione Obama avrà il fast track, cioè l’autorizazione a negoziare”.
“A questo -prosegue De Castro- si aggiunge il voto del Parlamento
europeo che avremo a breve in plenaria. Se questi voti saranno positivi bisognerà guardare con attenzione ai prossimi anni che saranno sicuramente incentrati attorno a questo accordo. Un accordo -osserva- che ci auguriamo possa aprire le frontiere e possa regolarizzare in maniera più semplice, con meno problemi le produzioni europee e guardare anche a quella difesa e tutela della nostre produzioni agroalimentari che per noi è un fatto fondamentale”.