Home Arezzo Disabilità e la vita ai tempi del Coronavirus. Emozioni e relazioni con amici e familiari corrono in chat

Disabilità e la vita ai tempi del Coronavirus. Emozioni e relazioni con amici e familiari corrono in chat

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Disabilità e la vita ai tempi del Coronavirus. Emozioni e relazioni con amici e familiari corrono in chat

“Mi dispiace per i ragazzi che stanno a casa e noi stiamo qui soli soli”
Gli ospiti della casa di Pinocchio in collegamento con parenti e amici. I ragazzi del Progetto Viva si organizzano in una chat

Alcuni vivono nella Casa di Pinocchio. Alcuni nelle loro abitazioni. I primi sono i 10 ospiti della comunità alloggio per disabili gestita da Koinè a Castiglion Fiorentino. I secondi sono i 20 ragazzi del progetto VIVA, acronimo di vita indipendente in Valdichiana, strumento per l’abilitazione e lo sviluppo del potenziale di funzionamento di giovani del territorio.

La Casa di Pinocchio è ovviamente chiusa alle persone esterne, familiari compresi e i ragazzi di Viva sono nelle loro abitazioni. Il “ponte” con il mondo esterno sono smartphone e Skype. E su questo ponte rimangono impressi i pensieri e i sentimenti di persone costrette a fare i conti con una situazione mai vissuta e privati di un elemento per loro più essenziale che per altri: le relazioni umane. Il corona virus ha anche separato le persone dei due gruppi che nel corso degli anni avevano creato affetti ed amicizie.

Ecco La Casa di Pinocchio. Salvatore: “i compagni del centro diurno non vengono più”. Marianna spiega la sua visione di questa malattia: “questa corona ci attacca con tutti i batteri. Qui siamo una famiglia ma ci mancano i compagni di Viva. Mi manca di più l’Elisa e un pochino tutti. A tutti voglio un gran bene”. Paola aggiunge consigli: “bisogna stare più puliti. La vita ora mi fa schifo. Speriamo di rivedersi prima possibile. Non si può andare in giro con il pullmino. Mi dispiace per i ragazzi che stanno a casa e noi stiamo qui soli soli”. L’isolamento pesa e Paolino scrive: “mi sento solo. Porto la mascherina perché sono più disinfettato. Conte ha comunque detto che passerà”. Tutti hanno chiaro gli atteggiamenti da tenere: l’appello è a stare attenti e si indica anche, con le due mani, la larghezza del tavolo per evidenziare quella che oggi è la misura ufficiale del distanziamento sociale. Chi ha ancora i parenti, li guarda nel telefono e gli chiede la cosa più naturale: “dormiamo ancora insieme nel lettone?”.

I ragazzi di Viva sono con i genitori ma anche per loro il disorientamento è forte. Ecco alcuni messaggi sul telefono. “Non riconosco più la domenica che dovrebbe essere un giorno di festa. Adesso tutti i giorni sono eguali”. Si stanno affermando nuovi modi di vivere: “diciamo che un po’ mi sto abituando a stare a casa perché qualcosa lo trovo sempre da fare. Per esempio guardare film, musica, aiuto un po’ in casa in generale”. Ma non è facile: “spero che tutto questo finisca presto e che riparta anche il Progetto. Questa non è vita. Anche se la giornata mi passa meglio, a casa mi annoio. Con queste belle giornate, in casa non è il massimo della vita. Non sono abituato. Sono abituato alla vita di sempre”. L’ottimismo rimane: “andrà tutto bene. Più di prima”.

I ragazzi di Viva si sono organizzati da soli. “Noi li sentiamo quasi ogni giorno ma loro avevamo già cominciato ad organizzarsi da soli – ricorda Stefania Battaglini, referente Koinè del Progetto Viva che con l’educatrice Francesca Martini segue questa esperienza. Chiamate e video chiamate. Hanno cercato anche i ragazzi con maggior difficoltà e li hanno portati nel gruppo. Adesso fanno video chiamate tra loro ogni giorno e il gruppo di Viva si è mantenuto, ovviamente in modo virtuale”.

La Casa di Pinocchio ha mantenuto intatte le attività interna ma ha cancellato quelle esterne.

“Continuiamo quindi con lettura, musica, ginnastica e con tutto ciò che abbiamo sempre fatto – ricorda la coordinatrice Koinè, Ivana Lupetti. Fine, però, del gioco delle bocce, del tennis, del nuoto, di ogni attività esterna alla Casa. Supportiamo i nostri ospiti nei loro contatti esterni, soprattutto con i familiari che prima potevano venire a trovarli”.