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C’è la necessità di una nuova legge previdenziale

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C’è la necessità di una nuova legge previdenziale

Alla fine dell’anno va a concludersi la legge che ha modificato in parte il meccanismo di accesso alla pensione. Stiamo parlando della famosa “quota 100” che tanto ha diviso gli italiani e che in verità ha prodotto meno di quello che taluni si aspettavano. Il famoso ricambio generazionale, infatti, non c’è stato.

Ed inoltre del famoso milione di persone che secondo alcuni avrebbero usufruito di questa opportunità solamente poco più della metà effettivamente ne hanno avuto accesso. Poco male perché “quota 100” era una legge che costava parecchio alle esangui casse dello Stato ed alla fine se si è speso meno del previsto ne ha giovato il bilancio statale.

Dopo i tre anni di sperimentazione previsti 2019-2020-2021, infatti, non sembra all’attualità che il nuovo governo Draghi sia disposto a prorogare tale istituto e perfino Salvini che ne aveva fatto un cavallo di battaglia non ne parla più in termini entusiastici.

Quindi dando per scontato il termine al 31/12/2021, se non si interviene in questo 2021 si riaffaccia, in quanto mai abolita, la legge Fornero.

Esiste però un problema. Non facendo alcunché si passerebbe in una sola notte dal 31/12/2021 al 1/1/2022 per la pensione di vecchiaia da 62 a 67 anni con uno scalone di cinque anni.

E se non si vuole più avere le storture della legge Fornero bisogna intervenire da subito in modo che gli effetti decorrano dal 1/1/2022.

Adesso però non è solamente una questione di “scalone” da eliminare. Adesso si crea anche un’opportunità. Esiste infatti la necessità di operare una riforma strutturale che a differenza della legge Fornero tenga conto anche dei giovani, delle donne e di chi già si trova in pensione.

Quindi si potrebbe fissare una età di pensione di vecchiaia a 66 anni (un anno in meno dell’attuale) operando una flessibilità in uscita, per eliminare lo scalone, a partire dal 63 anni ed una penalizzazione del 2% annuo per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni.

Per la pensione anticipata fissarla a 41 anni e 6 mesi per tutti uomini e donne ma dando alle donne la possibilità di uscire un anno prima dal mondo del lavoro, cioè a 40 anni e 6 mesi operando una penalizzazione del 3%.

Inoltre, affrontare finalmente un problema di cui si parla da almeno vent’anni ma mai risolto. La separazione della previdenza dall’assistenza. All’attualità, infatti, il bilancio di questa voce unica pesa enormemente per circa il 15% nel bilancio annuale dell’Italia, ma andando a vedere la sola previdenza si nota che l’incidenza è in realtà intorno al 7% circa del bilancio statale, perfettamente in linea con gli altri paesi europei.

L’abolizione dell’aspettativa di vita, e delle finestre è un’altra necessità da attuare, per far sì che il giorno dopo aver raggiunto i requisiti richiesti si possa lasciare il mondo del lavoro.

Inoltre, ancora, per permettere alle pensioni di essere più dignitose dopo una vita di lavoro, aumentare i coefficienti di trasformazione che sono quelli che determinano il montante contributivo e che permettono di conseguenza di aumentare l’importo pensionistico.

Dare inoltre la possibilità di uscita anticipata a disoccupati, usuranti ed invalidi parziali.

Per le donne oltre all’anticipo di un anno della pensione anticipata a 40 anni e 6 mesi, l’estensione strutturale di opzione donna, l’istituto che dà alle donne la possibilità di uscire dal mondo del lavoro con 35 anni di contributi e 58 anni di età optando però con il calcolo interamente contributivo.

Per i giovani la possibilità di detrarre il 50% di quanto versato per la previdenza complementare, con possibilità di accedere a questi fondi in caso di necessità, e con un controllo da parte di un istituto pubblico (preferibilmente l’INPS).

Per i pensionati, infine, l’estensione della no tax area fino a 12.000 € annui, l’eliminazione delle addizionali regionali e comunali e l’indicizzazione al 100% della pensione ancorata al tasso di inflazione.

Mi sembra che ci siano i presupposti per operare una riforma strutturale che inoltre deve essere duratura e con la certezza del diritto per far sì che i lavoratori possano decidere in piena serenità le proprie scelte di vita.

 

 

Articolo scritto da Mauro Marino

nato a Peschiera del Garda

esperto in economia