Home Arezzo “Le più belle frasi di Osho” ad Arezzo: quando la cultura si fa con una risata

“Le più belle frasi di Osho” ad Arezzo: quando la cultura si fa con una risata

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“Le più belle frasi di Osho” ad Arezzo: quando la cultura si fa con una risata

di Andrea Giustini

Un Feltrinelli Point pieno fino all’orlo quello di ieri sera per la presentazione di “Come dice coso. Un anno di satira”, il nuovo libro di Federico Palmaroli, meglio noto come creatore del popolarissimo “Le più belle frasi di Osho”. Non appena si è sparsa la notizia che l’associazione Cultura Nazionale, guidata da Cristiano Romani, era riuscita a portare ad Arezzo l’artefice di alcune delle vignette più memorabili degli ultimi anni, non c’è voluto molto perché i posti a sedere nella sala venissero prenotati tutti. Ma il “sold out” non ha fermato le molte persone che, per una sana risata, sono rimaste anche in piedi, strette l’una con l’altra. 

E di risate, in circa due ore di evento perfettamente riuscito, ce ne sono state veramente tante. Tante che a un certo punto ci si chiedeva se quella organizzata fosse sempre una serata culturale o se non fosse diventata uno spettacolo. Ma perché, c’è molta differenza alla fine? Se il contenuto di uno spettacolo è di qualità, se informa, arricchisce e fa pure riflettere, non è forse una forma di cultura? Ed è proprio su questo che forse, più di ogni altra cosa, ieri ci si è “acculturati”: si può fare cultura anche con una risata. 

A condurre la serata c’era Barbara Perissi che, fra una battuta e una domanda ad “Osho”, ha raccontato cosa ci aspetta in libreria con “Come dice coso”. La nuova pubblicazione di Palmaroli è una raccolta di genialate satiriche: da Silvio Berlusconi che, accantonata l’idea di fare il Presidente della Repubblica, chiama il Pontefice per chiedere “a te quando scade il mandato?” a Emmanuel Macron che, abbracciando Zelensky, si lascia andare a un “co’ sta divisa da guardiacaccia me fai ‘n sangue”. Ripercorre in sostanza tutto il 2022 attraverso le “più belle frasi di “Osho”. E’ un libro che segue il fortunato solco già tracciato da “Vedi de fa poco ‘o spiritoso”, pubblicato nel 2016. 

Ma la serata è stata anche un’occasione per parlare dell’uomo dietro l’immagine social del santone indiano barbuto e sorridente. Federico Palmaroli, classe 1973, romano doc nato nel quartiere di Monteverde, è infatti anche giornalista e fra tutto, letteralmente, non si ferma un attimo. Scrive e lavora per diverse testate giornalistiche e programmi tv, e al contempo deve trovare lo spazio, sia temporale che forse soprattutto mentale, per “saziare” la domanda di umorismo che arriva dai social. Perché “Le più belle frasi di Osho” è diventato un secondo lavoro a tutti gli effetti, anche se l’autore continua a definirlo un hobby, che lo porta a produrre contenuti satirico-umoristici quotidianamente e in misura molto maggiore rispetto a chi è “solo” vignettista.

«E’ molto faticoso, t’assicuro – ha risposto “Osho” a Barbara Perissi – devo fare una produzione quotidiana anche soltanto per il giornale per cui lavoro, poi c’è il lavoro per Porta a Porta tre volte a settimana, ed è abbastanza complicato produrre tutti i giorni e sempre materiale di qualità. Nessuno fa quello che faccio io. Natangelo, Makkox, loro fanno la loro vignetta, una al giorno per il loro giornale. Io ne farò qualcosa come 15 a settimana. Poi le differenzio anche, perché per i social sono tutta una cosa diversa». 

Anche Cristiano Romani, raccontando un aneddoto durante la serata, ha reso bene l’idea dell’impegno, la costanza e la fatica che deve esserci dietro la satira di Palmaroli. «Avevamo fissato un orario – ha raccontato il presidente dell’associazione Cultura Nazionale – ma a un certo punto lui mi chiama e mi dice “guarda purtroppo non posso, sono quasi in conclave, perché devo sfornare una vignetta per il giornale di domani”. Cioè Federico ha preso e si è ritirato un’ora e mezzo perché doveva produrre la vignetta del giorno dopo». 

Uno degli aspetti più interessanti emersi nel corso dell’evento, è quello che potremmo definire il pregiudizio ideologico nel mondo dell’arte. C’è come lo stereotipo, secondo Palmaroli, che se si fa arte bisogna essere per forza “di sinistra”, per non parlare della satira, e se non lo si è bè, può sorgere qualche problema. «Nessuno si aspettava che emergessi né che non fossi di sinistra – ha raccontato “Osho” -. Tutti pensavano che siccome quel che faccio è una cosa più o meno intelligente allora non poteva “venire da destra”, dovevo essere per forza di sinistra. Poi è successo che un giornalista di Repubblica mi fece un’intervista chiedendo per chi avevo votato di recente. Non sapevo perché mi facesse questa domanda. Io era un po’ che non votavo e dissi però che da giovane votavo Movimento Sociale. Da lìme so’ proprio messo er marchio”».

Di recente qualcuno aveva accusato Palmaroli di non fare davvero satira, perché la sua sarebbe troppo poco “feroce”. Forse perché si ha un’idea della satira in sé non solo come di arte che tratta di politica, ma che proprio fa politica. C’è differenza fra le due cose? La satira è sempre satira se invece che puntare primariamente a suscitare un sorriso mira a sferrare un attacco politico? Come onestamente confessato dall’autore ad ArezzoWeb Informa, è difficile per chi si cimenta in vignette satiriche non far trasparire la propria idea politica. Però è anche vero che in Palmaroli, caso probabilmente unico in Italia, questo parteggiare non si sente. Delle sue vignette, che non sono esattamente “meme” come lui ci tiene a sottolineare, ridono davvero tutti, a prescindere dall’idea politica.

A ben vedere, da ciò emerge non tanto un fine quanto piuttosto direttamente un risultato politico in senso ampio: inaspettato. Perché quando la satira è fatta toccando temi e personaggi sia a destra che a sinistra, solo per far ridere, senza esser sottomessa a fini strumentali o malizia ideologica, allora si può dire che diventa “strumento di democrazia”, poiché le persone, ridendo, imparano a cambiare prospettiva: sui propri “santoni” dell’attualità, sulla propria “fede” politica, e via dicendo. Imparare a ridere persino del proprio “intoccabile” leader di riferimento significa anche maturare la capacità di mettere in discussione lui e le sue idee, tollerando quelle degli altri.

Cristiano Romani e Federico Palmaroli