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“La Battaglia”: la Campaldino surrealista dipinta dall’artista Dalo

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“La Battaglia”: la Campaldino surrealista dipinta dall’artista Dalo

Di Andrea Giustini

Entrando nella sede dell’associazione “Signa Arretii”, il quadro “La Battaglia” cattura subito l’attenzione. Giganteggia come un colosso e i suoi colori, belli e vivi, risaltano fra il bianco e nero dei costumi dei soldati aretini. E’ un olio su tela che Daniele Locci, in arte “Dalo”, ha realizzato nel 2020 ed è dedicato allo storico scontro fra guelfi e ghibellini.

“La Battaglia”, esposta nella sede di “Signa Arretii”

Particolarità di quest’opera, che durante il weekend rimarrà esposta in via Bicchieraia per l’iniziativa “Aspettando la Battaglia” di “Signa Arretii”, è che si tratta di una reinterpretazione in chiave surrealista della battaglia di Campaldino. In ben 265 centimetri per 155 non vi è rappresentata una sola arma di offesa. Niente spade, frecce o picche. Non scorre nemmeno una goccia di sangue. Anzi: se si fa attenzione è possibile accorgersi che qualche cavaliere, invece che metallo appuntito all’estremità della lancia, presenta bizzarrerie: uova al tegamino pronte per essere mangiate, nidi di volatile con tanto di pulcini, gracchianti e agghindati in modo medievale.

«Quello che ho voluto fare con quest’opera – spiega Dalo – è immaginare le sensazioni provate da questi nostri lontani avi, unendole però a dettagli che smorzassero la tragicità della battaglia. Viviamo un periodo storico in cui siamo quotidianamente bombardati da immagini di morte. I miei personaggi, circa 100, invece non hanno armi e anzi, è possibile vederne qualcuno offrire una pizza ai nemici. Ho cercato di far emerge un’anima pacificatrice. Credo di essere l’unico pittore ad Arezzo che negli anni si è cimentato in questa impresa».

Ogni cosa del quadro è un’invenzione dell’artista: dalla forma delle corazze, ai colori degli abiti, fino ai volti dei soldati. Ci sono però alcune eccezioni. In alto a sinistra, illuminato come da una luce abbagliante, è possibile notare un castello: si tratta di quello di Poppi. Poco sotto vi è l’inconfondibile vessillo del Comune di Arezzo, con lo stemma del cavallo nero inalberato. I cavalieri intenti a caricare fanti a terra sono poi i famosi “12 paladini” dell’esercito di Arezzo: secondo la storia, ciascuno dei 4 quartieri della città aveva fornito 3 cavalieri per la battaglia. Infine, quasi al centro del quadro, si nota un gruppetto di 3 persone: sono il vescovo di Arezzo Guglielmino degli Ubertini, Bonconte da Montefeltro e il poeta Dante Alighieri.

Guglielmino degli Ubertini, Bonconte da Montefeltro, Dante Alighieri

Molto utili per l’ideazione di quest’opera sono stati gli studi del professor Capponi, di cui l’artista seguì una conferenza. Inoltre approfondì la storia della battaglia leggendo il libro del professor Canaccini, “1289. La Battaglia di Campaldino“. «Mi ero ritrovato spesso a pensare: come sarebbe ricreare in pittura la Battaglia di Campaldino? Storicamente è questo l’evento più importante della storia di Arezzo. Una volta preparato al meglio scelsi un formato potente, 250 x160 cm di tela, e cominciai a buttare giù forme e colore, inserendo i tre personaggi più famosi del vescovo Guglielmo degli Ubertini, di Bonconte da Montefeltro e di Dante Alighieri. Ho immaginato che i tre si incontrassero sul campo e facessero assieme il sacramento della comunione. E poi giù sfumature, polvere, fumo!».

Daniele Locci, in arte “Dalo”

Classe 1959, Dalo è nato a Orbetello, ma da più di 35 anni vive ad Arezzo. La storia di questa città lo ha sempre affascinato, tanto da sentirsene come “contagiato”. Ma è il medioevo in generale ad interessare Dalo, ad essere fonte di grande ispirazione. L’artista lo descrive come un’epopea umana che è vicina a noi ma al contempo molto lontana. Lui ha cercato di ritrovarne l’atmosfera camminando fra le antiche vie di Arezzo e i suoi palazzi storici. Immaginando di riviere momenti epici, con la Giostra del Saracino. Dietro ogni pietra arenaria, ha cercato di rintracciare quella particolare sensazione di appartenenza che alcuni definiscono “spirito aretino”. «Questo sentimento popolare non posso dire che mi appartenga appieno ma credo di averlo sentito: un sentire dell’anima con le orecchie del cuore».

E “La Battaglia” non è l’unica opera di Locci ispirata ad Arezzo medievale. Altre sono “La porta dell’Angelo. rivisitazione della cacciata dei diavoli di Arezzo“, un 170×230 cm dipinto nel 2017 che reinterpreta la famosa cacciata dei diavoli da Arezzo affrescata da Giotto, unico caso di città ritratta dal grande artista. Ma anche “Il Saccheggio“, dipinto di 100×50 cm realizzato nel 2021, che invece si ispira agli eventi del 1384 quando truppe francesi e mercenari irruppero nella città. Fu il saccheggio più rilevante nella storia di Arezzo.

“La porta dell’angelo. Rivisitazione della cacciata dei diavoli di Arezzo”